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Agli spacciatori stranieri i perugini danno appartamenti e denaro

Soldi per comprare la droga. Case affittate in centro storico. A inquadrare il fenomeno è il questore di Perugia, Messina: «La clientela di alcuni pusher era quasi esclusivamente locale»

PERUGIA – Non esistono solo i reati contro il patrimonio. Non esistono solo i colpi, nottetempo, negli esercizi commerciali. Come a dire, e in effetti lo dice il questore di Perugia Francesco Messina, presentando i risultati di un’operazione che ha condotto in carcere alcuni tunisini ritenuti «boss dello spaccio in centro storico», che il fenomeno della criminalità a Perugia non inizia e finisce con le spaccate dell’acropoli. Anzi. «Il primo problema da gestire per evitare che la città ricada nella situazione in cui verteva tempo fa, e da cui è uscita solo a fatica, è quello dello spaccio». Lo smercio di stupefacenti. Nell’acropoli ma anche nelle periferie e nei comuni limitrofi al capoluogo.

È in questa cornice che va inquadrato il «progetto Agorà» con cui la polizia negli ultimi mesi ha controllato abitazioni presumibilmente in uso a spacciatori e ad altri soggetti potenzialmente pericolosi. Soprattutto in centro storico, dove la compravendita di sostanze proibite è maggiore (perché è maggiore la domanda) e dove l’operazione non ha tardato a dare i primi riscontri. Nel caso più recente, quello dei pusher che operavano in zona Tre archi, l’attività della questura ha portato alla denuncia, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, del proprietario dell’appartamento in uso agli spacciatori.

A dipingere il quadro della situazione, evidentemente complessa, è proprio il questore. Che riguardo alla vicenda dei pusher appena arrestati chiarisce tre punti. Il primo: «Gli spacciatori hanno riprodotto a Perugia ruoli e modi, operativi, del proprio Paese di origine». Il secondo: «Ad affittargli gli appartamenti (spesso usati come base dei propri traffici, ndr) sono per lo più proprietari italiani». Il terzo: «Nel corso delle indagini non capita di rado di incappare più volte negli stessi consumatori. Anzi. Gli spacciatori cambiano, ma non cambiano i clienti: principalmente italiani, quasi esclusivamente perugini nel caso in questione».

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