I tedeschi si smarcano, Elliot mette in vendita l’asset, che rischia di perdere valore con conseguenze su occupazione e investimenti. Tesei chiede un tavolo al governo nazionale. I parlamentari della Lega: “Preoccupati”
di Marco Brunacci
E’ il momento di fare un po’ di chiarezza sul futuro delle Acciaierie di Terni. C’è un progetto, che viene seguito direttamente dal Governo, a livello di presidenza del consiglio, che prevede un futuro dell’acciaio in Italia in una partnership pubblico-privato. Una nuova Finsider, come ha più volte scritto City journal, con un player privato forte. A questo scopo è stata già indicata dal Governo in Invitalia la società che dovrebbe mettersi in gioco. Prima a Taranto e poi a Terni. Per Taranto l’impegno economico del Governo sarebbe per non meno di 3-4 miliardi di euro. Arcelor Mittal sarebbe ragionevolmente il partner privato. Si partirebbe da un radicale intervento di bonifica ambientale sul territorio. Subito dopo, o quasi contemporaneamente, toccherebbe a Terni. Stesso schema. Intervento di Invitalia, però – ecco la novità – dopo che J.P.Morgan – notizia Reuters già ripresa da City journal – ha avuto l’incarico dai tedeschi di Thyssen di vendere le partecipazioni non strategiche del gruppo, praticamente quasi tutte quelle fuori dai confini tedeschi.
In verità il vero committente è il fondo Elliot, noto al grande pubblico perchè proprietario del Milan e grande investitore finanziario in Thyssen. Elliot non intende più spendere soldi in questa avventura. Chi entrerà? Nessuno lo sa. Si sa che i tedeschi da un paio di giorno di fatto sono fuori, non saranno neanche partner di un eventuale rilancio dell’Ast. Si sa ancora che il valore di 700-800 milioni dell’impianto ternano già non sarebbe più quello. Per la trattativa, secondo fonti da considerare informate, si partirebbe, complice il Covid e questa situazione di tremenda incertezza, da 400-500 milioni. Ma se è vero che c’è un deprezzamento questo significherebbe che la Terni ha meno appeal e quindi ragionevolmente siamo alla vigilia di una stagione di ulteriori tagli, anche occupazionali.
Il progetto che ruota intorno a una nuova Finsider e che vedrebbe l’intervento di Invitalia a Terni, comunque potrebbe avere un lieto fine perchè sarebbe lo Stato direttamente ad impegnarsi per evitare sacrifici eccessivi per l’economia umbra e ternana. Ma anche qui il Covid ha allungato tremendamente i tempi e reso scivolosa ogni prospettiva.Alla fine della strada può esserci la nuova Finsider, ma il percorso per arrivarci è accidentato e a ogni curva si rischia di finire fuori strada. In un primo momento era dato per scontato che sarebbe stato Arcelor Mittal a entrare in partnership, magari insieme a un italiano come Arvedi. Ma la fretta che ha Elliot di vendere e l’incarico dato a J.P. Morgan di cedere prima possibile l’asset complica il percorso.
Con J.P. Morgan in campo, chiamata direttamente dal Fondo Elliot, anche i tedeschi ormai hanno ben poca voce in capitolo sul futuro delle Acciaierie.Fanno ora bene a preoccuparsi sia la presidente della Regione, Tesei, che i parlamentari della Lega. Tutti a chiedere al Governo chiarezza e la Tesei a pretendere ora un tavolo di trattativa nazionale. E’ evidente che si è agito in ritardo sugli avvenimenti. Adesso tutti devono attendere un giro, Governo italiano compreso.
J.P. Morgan farà sapere chi è interessato, e a che cifra, allo stabilimento ternano. Poi potrà anche intervenire Invitalia, ma solo in un secondo tempo. Negli alti e bassi, ai quali la Terni è abituata, siamo insomma al momento dei bassi, molto bassi. E delle preoccupazioni per il tessuto produttivo umbro e per la sua tenuta in termine di occupazione e di investimenti. Se il Covid molla la presa e si trova una via d’uscita, magari il futuro potrebbe essere anche dignitosamente roseo. Al momento siamo al cielo cupo con grandi nuvoloni che minacciano temporali.
Fanno davvero bene a preoccuparsi presidente Tesei e parlamentari della Lega. Sempre che non sia troppo tardi. Dopo aver passato settimane a discutere di ipotesi Marcegaglia (che, qualora tornassero di attualità, dovrebbero essere, almeno per il sindacato, di ulteriore motivo di preoccupazione).


