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Il cattivo poeta

VISTI DA VITTORIA | L’opera prima di Gianluca Jodice: un (quasi) biopic sul Vate, Gabriele D’Annunzio, interpretato qui da Sergio Castellitto

UMBRIA – Quando un film non piace, e convintamente non piace, è paradossalmente molto facile stilare un elenco di ciò che non è piaciuto. Ma quando un film piace, e convintamente piace, beh… l’impresa è ardua; perché l’obiettivo non è più quello di descrivere, o consigliare semplicemente, bensì farsi occhi  e orecchie, farsi immaginazione per altri. Significa scrivere con la speranza di essere compresi, e di essere convincenti, soprattutto.

E allora, a noi Gianluca Jodice ha decisamente convinto con la sua opera prima, Il cattivo poeta, distribuito nelle sale cinematografiche italiane – finalmente aperte! – dal 20 maggio. Un (quasi) biopic sul Vate, Gabriele D’Annunzio, interpretato qui da Sergio Castellitto, il quale riesce ad incarnarne non solo l’aspetto fisico, effettivamente molto somigliante, ma soprattutto i vizi e le angosce che lo attanagliano negli ultimi anni di vita trascorsi in ritiro al Vittoriale, sul Garda. Non si tratta, infatti, di un excursus sull’intera vita del Poeta, anzi, Jodice fa quasi un torto a se stesso, talmente è coinvolgente, limitando la narrazione a pochi anni antecedenti la morte di D’Annunzio.

Ma procediamo con ordine. Il federale Comini, giovane fascista di Brescia, viene incaricato dal ministro Starace di recarsi in riva al Garda per spiare il Comandante, e riferire di eventuali manovre sovversive latenti, e non solo. Ma il Vate è, ormai, un uomo consumato dal tempo, dalle donne, dalla cocaina… e dalla delusione derivante dalla piega presa dalla politica italiana: il fascio si è infatti discostato totalmente dalle sue aspettative, così D’Annunzio inizia a maturare sentimenti contrastanti, contestualmente a quelli che si percepivano per le vie d’Italia.

Jodice utilizza tre punti d’ancoraggio per far crescere gradualmente il film: inquadrature, composizione grafica, e Sergio Castellitto. Se v’è infatti una continuità nell’uso del tipico font littoriano, quasi come un leitmotiv, così anche la scena iniziale apre nella contrapposizione tra l’imponenza del Palazzo delle poste, a Brescia, e l’insignificanza (quantomeno fisica) dell’uomo al suo cospetto. E tutta la pellicola si articola su questo gioco di altezze, districandosi tra numerose riprese che muovono dal basso verso l’alto, proprio a significare tanto la maestosità dell’architettura fascista, quanto l’impotenza del popolo italiano di fronte a quella situazione, ignaro di quel che sarebbe successo di lì a poco.

Mentre l’unico che sembrava averne coscienza, era proprio il Vate, di cui Castellitto assorbe e fa proprio ogni aspetto. D’Annunzio appare, così, un personaggio che non crede più in valori definiti, smarrito nell’enormità del Vittoriale di cui solca, avanti e indietro smaniosamente, il terreno, a passo claudicante. Circondato da numerosi collaboratori, eppure così solo; spesso è lì, faccia a faccia col blu del Garda, sul pontile della nave Puglia, un relitto nel quale forse riconosce se stesso. È un Vate rassegnato quello che Jodice pensa per il film, e a cui Castellitto dà una forma precisa: occhi spenti e malinconici puntati su di un orizzonte finito, netto, a cui lui stesso sa di essere prossimo. Seppur spregiudicato, comunque con una profonda consapevolezza di sé.

Ma qui, speciale, è anche Francesco Patanè nel ruolo di Gianni Comini, il giovane federale, alla sua prima interpretazione cinematografica di spessore, che affianca ineccepibile la maestria di Castellitto, trasformandosi da spia a, forse, unico collaboratore leale del Comandante. Infine, nei titoli di coda si legge un “timido” Matteo Rovere in qualità di produttore (Il primo Re, L’incredibile storia dell’Isola delle rose, per citarne alcuni) che dimostra un certo fiuto per progetti di qualità. Un film che non parla di poesia, ed è pur sempre bello sentir recitare alcuni versi. Piuttosto un film che è poesia, una “poesia d’insieme”. Speriamo d’avervi convinto tanto quanto Jodice ha convinto noi. Ora, al cinema.

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