di Vittoria Epicoco
PERUGIA – Non ci siamo ancora del tutto ripresi dalla terribile notizia su Libero De Rienzo. E forse non ce ne capaciteremo mai.
In film come Miele di Valeria Golino, Santa Maradona (disponibile in streaming solo a noleggio su piattaforme come Rakuten, Chili e altre), De Rienzo ha saputo dar prova di grande versatilità e RaiPlay ha voluto rendergli omaggio, a suo modo, mettendo a disposizione di tutti la trilogia di Smetto quando voglio, commedia con Edoardo Leo, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Stefano Fresi, Pietro Sermonti, Lorenzo Lavia e il nostro Libero De Rienzo, un’improbabile banda di ricercatori universitari, che decidono di unirsi per aprire un’attività di produzione e vendita di sostanze stupefacenti, poiché tutti costretti a lavori non degni delle loro qualifiche.
E in effetti questo è il focus dell’opera scritta da Valerio Attanasio insieme ad Andrea Garello e Sydney Sibilia, quest’ultimo anche regista: un totale rovesciamento del concetto di cultura, quando essa diventa un ostacolo anziché una ricchezza. In effetti, la prima sequenza del primo della trilogia, chiarifica già quanto il regista vuol dirci: prima il battibecco tra due benzinai, impegnati a disquisire scegliendo un lessico colto e raffinato fino ad arrivare a concludere la conversazione in latino; poi, a distanza di una manciata di minuti, ecco un ragazzo al suo – presumibilmente – primo colloquio di lavoro, intento a non far trapelare la sua laurea in antropologia, per essere assunto alla concessionaria. L’obiettivo è chiaro: trovare la commedia nella tragedia, ma anche muovere un’articolata denuncia al mondo del lavoro, specie quello cui si affacciano i giovani, e che ben poco sembra cambiato dall’uscita del primo film (2014).
La credibilità della trilogia è data dall’escalation mediante la quale questi individui, scontenti della vita e dal non venir loro riconosciuti talento e potenziale, diventano dei veri e propri cattivi, spacciatori di droga, che si ribellano al sistema – fallace – delle modalità di assunzione nel mondo del lavoro. È un film che oggi definiremmo politicamente scorretto, perché salta a piè pari il passaggio del buonismo con cui la maggior parte delle commedie nostrane tenta di arruffianarsi l’intera fetta del mercato degli spettatori. La comicità è genuina, senza forzature, e questo perché “far ridere” non è l’obiettivo primo del lungometraggio; vuole essere invece una buona e valida base di partenza per aprire alla riflessione circa la piega che il nostro presente tende a prendere, ricavando da ciò sincere risate di risposta.
Ci sembra un ottimo modo, da parte di RaiPlay, di ricordare la simpatia e l’empatia di Libero De Rienzo; trovate la trilogia completa (Smetto quando voglio, Smetto quando voglio – Masterclass e Smetto quando voglio – Ad honorem) sulla piattaforma streaming.


