Veder ballare Nureyev un’ultima volta

VISTI DA VITTORIA di VITTORIA EPICOCO | Rai Movie apre le porte dell’Opéra di Parigi: stasera in tv

di Vittoria Epicoco

PERUGIA – Nuovamente regista, Ralph Fiennes si ispira al romanzo di Julie Kanavagh “Nureyev – the Life”, per creare il biopic su uno dei più grandi ballerini del XX secolo: Rudolf Nureyev.

È Oleg Ivenko il prescelto per il ruolo del protagonista, giovane ballerino ucraino, qui nel suo debutto sul “palcoscenico” del grande schermo.
Oltre all’incredibile somiglianza con il vero Nureyev ed un portamento certamente posato ed elegante articolato tra plié e relevé, che sanno come incantare gli occhi di chi guarda, Ivenko ne interpreta brillantemente anche i tratti caratteriali: non è un mistero che Nureyev non fosse una personalità facile; era un ribelle dai modi arroganti, facile all’isterismo quando non raggiungeva il suo ideale di perfezione, smodatamente esigente ed irascibile, un calderone cupo probabilmente frutto di un’infanzia tormentata (Nureyev nasce in treno, in Siberia, ed è ultimo di cinque figli. Cresce con le tre sorelle, il fratello e la madre, mentre invece matura un rapporto a dir poco conflittuale col padre, di religione musulmana, figura scostante in quanto commissario politico dell’Armata Rossa in piena seconda guerra mondiale).
La pellicola apre con Rudy nella compagnia di balletto del Teatro Kirov, in trasferta a Parigi, e da lì in avanti è un continuo palleggiamento tra flashback sull’infanzia del ballerino, ed i sei anni precedenti Parigi, durante i quali si consolida, in modo più o meno profondo, l’altalenante rapporto con l’insegnante Aleksander Pushkin (lo stesso Fiennes).
Ed è proprio la discontinuità la costante dei suoi rapporti interpersonali, eccetto un caso: Claire Saint (Adèle Exarchopoulos), sua grande amica nonché colei che lo aiuterà ad architettare la fuga dall’Unione Sovietica per chiedere asilo politico in Francia, in piena Guerra Fredda.
Fotografia e musica convergono divenendo una sorta di magia per il lungometraggio, rendendo così un vero e proprio omaggio sia alla danza che alla musica classica, che all’arte. È un fil rouge, infatti, il parallelismo danza-arte, che chiama in causa pittori di non poco spessore come Rembrandt, Matisse, Gericault, ed altri, evidenziando l’inscindibilità delle due, appunto, espressioni artistiche. Molta attenzione al dettaglio per ciò che riguarda la fotografia, sia mediante l’utilizzo di una palette calda e fredda, tendente ai toni e sottotoni del blu, sia per un (quasi) abuso del gioco di luci rese nel primo piano.

Quando Nureyev – The White Crow uscì nelle sale, nel 2019, sembrò insolita la scelta del soggetto, ma questo è un modus tipico della regia di Fiennes, cioè optare per personaggi un po’ “marginali” e di secondo piano nel panorama cinematografico moderno al quale siamo abituati (non dissimili Coriolanus (2011) e The Invisible Woman (2013), sempre di Fiennes, non arrivati alla distribuzione nonostante siano film veramente raffinati). Con “marginali” ci riferiamo ovviamente al fatto che i biopic attuali ruotino spesso attorno a personalità forti, personalità che non si sono limitate a lasciare il segno, quanto semmai a solcare profondamente il terreno; in virtù di ciò è lecito ammettere che il balletto, quanto l’opera, siano ormai purtroppo interesse di nicchia, ed è quindi più raro esserne interessati ed ammaliati. Ma per fortuna esistono ancora registi come Fiennes, non necessariamente in cerca di audience, coerenti con ciò che il cinema è e dà. Nureyev è su Rai Movie questa sera, alle 21.10, chiudete gli occhi e… sipario!

Questura di Perugia

Finale Europei, fioritura di Castelluccio ed eventi, fine settimana da “bollino rosso”

Orvieto, donna scivola e cade in un dirupo