di Marco Brunacci
PERUGIA – Correva l’anno 2019. Era estate. Faceva caldo. L’infaticabile assessore Enrico Melasecche (allora in forza alla giunta ternana, poco dopo diventato il caterpillar di quella regionale), in maniche di camicia, annunciava che, dopo «tante peripezie», il cantiere dalla Fontana di piazza Tacito era partito. «In un anno al massimo – disse in favore di telecamera – i cittadini di Terni potranno di nuovo godere della loro fontana».
Se a qualcuno sfuggisse oggi siamo a metà 2021 e i cittadini di Terni non se la godono. E però, a loro merito, avendo fatto uso industriale delle virtù cardinali, soprattutto le prime due, fede e speranza, ora avranno la loro Fontana.
Così almeno dicono fondate indiscrezioni, che indicano nel 30 dicembre prossimo il d-day dell’inaugurazione. Sul filo di lana ma comunque in arrivo.
La Fontana se – come sembra davvero – vedrà la luce entro l’anno, sarà comunque un monito per le altre opere in ritardo. Quella sorta di ballo sudamericano, che talvolta sembra applicato dall’amministrazione comunale ternana – un passo avanti, uno indietro, senza dimenticare quelli di lato – non porta a niente. Dal sindaco non ci si aspetta che sia un maestro di “salsa” ma un leader che si pone obiettivi realistici e li persegue con determinazione. E qui – bravo sindaco – il leader lo ha fatto.
Perché la Fontana è una cosa speciale per Terni.
Val la pena ricordare che è un bel progetto che viene da lontano, lontanissimo.
Inizia il suo travagliato percorso nel 2013. Si tratta di salvare i preziosi mosaici che contiene, si tratta di rivitalizzare un pezzo della storia della città, un tratto – piccolo? no, proprio no – identitario.
Vengono trovati i soldi. A muoversi, come tante altre volte, è la Fondazione Cassa di risparmio di Terni perché le amministrazioni hanno perenne bisogno di una mano per rendere meno trasandate le loro città.
Arrivano i primi 258mila euro, ma si capisce che l’iter sarà tormentato. Quando la politica ti ascolta, vai a sbattere con una burocrazia che sa essere sorda e grigia e così poco sensibile. E poi ci sono sempre le valutazioni delle Soprintendenza che fluttuano nell’aria, minacciose e, a volte, pur con le migliori intenzioni, finiscono per essere discordanti, col risultato di sfinire chiunque, armato di buona volontà, volesse dare una mano.
Ma a Terni la Fontana ha uno spazio suo nell’interesse dei cittadini, c’è un debito di affetto, un rapporto speciale. Insomma:per farla breve: riparte, in anni più recenti, un progetto di recupero che è un sogno in quanto a collaborazione pubblico-privato, che mostra come si possano accendere sensibilità diverse.
Ben inteso: è ancora la Fondazione Cassa di risparmio che guida il gruppo dei pazienti mecenati (in tutto mette 830mila euro) ma si vede che intorno c’è interesse, passione, voglia di vedere la Fontana di piazza Tacito bella e curata come era un tempo.
E stavolta c’è il lieto fine. 30 dicembre. Così dicono rumors accreditati. Tutti in piedi ad applaudire, scordando, per un giorno, rinvii e ritardi.


