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L’escalation delle baby gang in Umbria, un nuovo ibrido tra sociale e virtuale

Il fenomeno è tornato alla ribalta nell’ultimo mese in Umbria. Davide Lazzari, presidente nazionale dell’Ordine degli piscologici: «La pandemia ha fatto da detonatore. Malessere degli Under 18 aumentato negli ultimi anni»

di Michele Fratto

TERNI – Da Città di Castello a Terni, il fenomeno baby gang sembra aver abbracciato tutto il territorio umbro nell’ultimo periodo, L’escalation di questo fenomeno, sopito ma mai scomparso del tutto, ha subito un’impennata verticale in questo inizio di 2022. Nell’ultimo mese, diverse segnalazioni sono giunte da parte di genitori esasperati per i racconti di ciò che succede in strada, luoghi che dovrebbero fare da aggregatore e non da distruttore sociale. Alla dimensione reale, si è aggiunta tramite gli ultimi strumenti di comunicazione anche quella virtuale, con la pubblicazione di video a portare sui piccoli schermi scene che nessun genitore vorrebbe mai vedere. La domanda allora sorge spontanea: quali potrebbero essere le cause che si nascondono dietro questa escalation?

Lo abbiamo chiesto a Davide Lazzari, presidente regionale e nazionale dell’Ordine degli psicologi: «Come tutti i fenomeni umani, anche quello delle baby gang è complesso. Negli ultimi dieci anni il tasso di malessere psicologico e disturbi nell’età evolutiva under 18 è aumentato in maniera costante. Da una parte i minorenni di oggi sono sollecitati in modo continuativo dalle nuove tecnologie come Internet e i social media. Dall’altra, le tradizionali agenzie educative come scuola e famiglia, ma anche i contesti al di fuori come gli oratori, si sono indeboliti per vari motivi. Ci troviamo a  vivere in una società fluida, dove il singolo deve imparare a orientarsi». Come se ciò non bastasse, anche le chiusure dovute alla pandemia sembrano aver ingigantito il problema: «Su questo scenario di fondo, la pandemia ha fatto da detonatore perché ha esasperato i problemi. Lockdown, didattica a distanza, mancanza della scuola, tutto questo ha proiettato ancora di più i ragazzi nel mondo virtuale. Le gang sono un modo per manifestare rabbia e malessere soprattutto nei maschi, una ricerca di una realtà sociale sbagliata. In questa dimensione fisica non c’è più socialità. Così è nato un ibrido tra fisico e virtuale, dove gli scontri addirittura vengono ripresi».

Eppure, anche in uno scenario di fondo non certo idilliaco, alcune soluzioni potrebbero essere trovate nel tentativo di invertire la rotta: «La situazione – continua Lazzari – si recupera mettendo in essere azioni di medio lungo periodo, con la messa in campo di politiche diverse adottate anche in passato. Nelle scuole dovremmo inserire dei momenti di ascolto del malessere ma anche di promozione delle competenze di vita attraverso incontri con i genitori. Tutto ciò potrebbe essere di aiuto anche nelle periferie, dove tutto è più amplificato, fermo restando che il malessere odierno non trae origine da un gradiente economico, come magari era in passato, ma da una marginalità piscologica attuale».

Scuola, oratorio, incontri con i genitori. Magari saranno le vecchie usanze e i luoghi della tradizione a fermare questo fenomeno.

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