TERNI – Con “Dramma e Passione – da Caravaggio ad Artemisia Gentileschi”, la Fondazione Carit celebra i trent’anni dalla nascita tornando ad ospitare un grande evento. Una mostra incentrata su un’opera mai esposta di Artemisia Gentileschi, Giuditta con la testa di Oloferne, e in particolare su due opere di Caravaggio difficilmente visibili al pubblico, la Maddalena addolorata e La crocifissione di sant’Andrea, inaugurata questa mattina a Palazzo Leoni Montani, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni. Un percorso espositivo stabilito autonomamente dallo storico dell’arte Pierluigi Carofano (curatore della mostra) in collaborazione con Tamara Cini. «Ci siamo sentiti liberi di scegliere da dove partire e dove arrivare – sottolinea Carofano – senza seguire il classico itinerario cronologico delle opere. E questo non è un aspetto secondario dell’operazione culturale che abbiamo portato avanti con la Fondazione, perché raramente chi organizza un evento del genere concede tanta libertà ai curatori».
Per Carofalo quello è stato il primo segnale di stima. «Poi ce ne sono stati altri, che ci hanno portati fin qui». E per «qui» lo storico intende la sala al secondo piano di Palazzo Montani con una significativa rappresentanza di quadri di proprietà della Fondazione, allestita proprio per presentare la mostra.
«Dopo oltre due anni e mezzo dall’ultima mostra dal titolo “Immaginaria – Logiche d’arte in Italia dal 1949”, terminata a inizio pandemia, Palazzo Montani Leoni torna finalmente ad ospitare un evento di grande rilievo che celebra il nascere e lo sviluppo del caravaggismo a partire dagli anni della formazione di Caravaggio, al pieno fiorire della sua arte pittorica, fino alla cultura barocca di Mattia Preti. Trentatré opere – spiega il presidente della Fondazione Carit Luigi Carlini – provenienti da tutta Italia e dal Regno Unito, alcune delle quali sconosciute al grande pubblico, concesse in prestito da primari musei italiani, da consorelle fondazioni bancarie, da enti locali e da privati, che la Fondazione Carit ringrazia sentitamente per la cortese collaborazione e fiducia accordate. Tra le opere in mostra, la Fondazione è orgogliosa di presentare per la prima volta due delle ultime acquisizioni per la propria Collezione d’arte: la tela di Artemisia Gentileschi raffigurante Giuditta e la serva con la testa di Oloferne e la Maddalena penitente di Mattia Preti. Due opere inedite, studiate e documentate nel catalogo che accompagna la mostra, che hanno fatto rientro, dopo un lungo periodo, in una raccolta istituzionale o che, nel caso di Artemisia Gentileschi, hanno fatto ritorno in Italia da Vienna. La Fondazione, infatti, nell’ambito dell’attività svolta per la tutela dei beni storico artistici, interviene con l’acquisto, recupero e valorizzazione di opere che altrimenti andrebbero disperse e allontanate dal territorio italiano. A questa azione associa sovente un apporto scientifico, attraverso la realizzazione di una rassegna espositiva e di una pubblicazione di pregio».
«La mostra – interviene il curatore – è uno straordinario viaggio nella pittura del Seicento. Nelle otto sale al piano terra di Palazzo Montani Leoni il visitatore può ammirare dipinti di maestri sommi come Caravaggio, Bartolomeo Manfredi, Orazio e Artemisia Gentileschi, Mattia Preti. Il percorso si snoda in otto ambienti tematici che vedono l’affermazione della pittura naturalista di matrice caravaggesca sino al confronto con il classicismo emiliano di Guido Reni e Guercino, lo scontro con nemici di Caravaggio come Baglione Salini, e il trionfo della pittura barocca con Bernardo Strozzi e Mattia Preti.
Il percorso comincia con lo straordinario Ritratto di dama della Pinacoteca Capitolina di Roma e termina con la Maddalena penitente di Mattia Preti della Fondazione Carit. Oltre a presentare un assoluto inedito di Artemisia Gentileschi, Giuditta con la testa di Oloferne, la vera e propria star della mostra è Caravaggio, con ben due opere difficilmente visibili al grande pubblico. La prima è la Maddalena addolorata che, grazie ad un documento recentemente rinvenuto presso l’Archivio di Stato di Roma, è da ritenersi il modello della figura della Maddalena nella Morte della Vergine del Louvre. L’altra è la Crocifissione di sant’Andrea, (cosiddetta versione “Back-Vega”) esposta a pieno per la prima volta in Italia, tranne una fugace apparizione a Siracusa nel periodo Covid».
«Questo dipinto – evidenzia Carofano – raffigura la Crocifissione di sant’Andrea apostolo, accusato della conversione al cristianesimo della moglie di Aegeas, proconsole di Patrasso. Il Santo è colto nell’attimo in cui spira. Due lunghi giorni di supplizio in cui esangue ripete con grande forza il suo Credo, al punto che il popolo di Patrasso chiede al proconsole di liberarlo. Ma Andrea vuole morire come Cristo ed è così che una forza divina paralizza le mani e le braccia di chi tenta di sciogliere i nodi che lo trattengono alla croce. La figura del Santo, fulcro del dipinto, è descritta minutamente».
Lo storico dell’arte ha spiegato ai primi visitatori – molti dei quali ospiti istituzionali – perfino l’anatomia delle vene che rende viva la sofferenza nella Crocifissione. E ancora: «Gli occhi semichiusi, una lacrima sulla guancia destra incorniciati da una luce abbagliante testimoniano l’incontro con il divino prima dell’ultimo respiro. Si potrebbe leggere in questa raffigurazione la conversione spirituale di Caravaggio che, a partire dalla Resurrezione di Lazzaro di Messina, compie un percorso di redenzione interiore che traspare nelle sue tele, quasi velate da un’aura mistica».






















