Di Arianna Sorrentino
PERUGIA – Disagio e bivacchi alla stazione di Sant’Anna. Sono passati quasi 90 giorni, meno di tre mesi, da quando la stazione è stata riconsegnata alla città, ma purtroppo già si vivono situazioni di inciviltà.
A farlo notare – e a pagarne le spese – sono soprattutto i gestori del bar Sant’Anna, che hanno vissuto sulla loro pelle – e sulle loro tasche – gli anni del travagliato percorso della Ferrovia Centrale umbra, inaugurata il 13 settembre di quest’anno. E che ora si ritrovano alle prese con situazioni di difficile gestione e che rendono pesante la quotidianità. A cominciare dalle condizioni della sala d’aspetto della stazione, diventata il tetto di gente in difficoltà. «Grazie al contributo della Regione sugli abbonamenti – spiega la titolare del bar Catia Rinchi – per fortuna gli studenti il servizio trasporti lo utilizzano di più. Ma invece non utilizzano la sala d’aspetto: non ci vogliono stare perché è sporca e hanno paura di chi ci ritrovano dentro». Ma la stazione è diventata invivibile soprattutto nell’ultimo periodo. Di recente è scoppiata una rissa dove ad intervenire sono state le forze dell’ordine e un’ambulanza del 118, a causa di «un vero pestaggio, cominciato in sala d’aspetto e terminato all’esterno del locale», come racconta la titolare. «Abbiamo avuto tutti paura. Anche i ragazzi che aspettavano il treno per tornare a casa si sono spaventati. La rissa ha coinvolto una quindicina di persone». Ma se di notte c’è da prestare attenzione alle parole di troppo che generano violenza, di giorno bisogna fare i conti con altri ospiti decisamente non graditi: i topi. «Ormai qui fuori hanno fatto la loro casa, ogni tanto li vediamo fare avanti e dietro, a ridosso dei binari, attratti dal cibo e dalla sporcizia di chi bivacca in sala d’aspetto». Insomma, la situazione alla nuova stazione è rapidamente degenerata da appena pochi mesi dal taglio del nastro, dai brindisi, dal viaggio inaugurale dei politici e a soffrire, oltre i pendolari, è soprattutto chi rimane dalla mattina alla sera per lavorare ma anche per offrire un servizio ai viaggiatori che arrivano nel capoluogo. «Se la situazione è questa – conclude Catia – era meglio quando la stazione era chiusa, tanto gli affari non si fanno, ma almeno stavamo tranquilli».





