di Marco Brunacci
PERUGIA – Realizzare un’opera (anche piccola) della grande architettura che in questi giorni anima Perugia e Assisi. Si tratta di “mettere a terra”, come si dice delle opere del Pnrr ma tanto più vale per dei semi (Seed), il Festival dell’Architettura, il primo evento pensato e realizzato dal centrodestra di governo in Umbria, al di fuori delle eredità da conservare lasciate dalle classi dirigenti del centrosinistra.
Il Festival – se è concessa una lettura, come dire, politica – vive di straordinarie intuizioni e di un respiro internazionale degno di un grande evento. Non sarà pop ma è attraente, perfino affascinante, nella sua complessità.
Obiezioni? Certo. Qualcuno dirà: non si capisce come si possa iniziare il programma con una relazione sui “Diritti delle piante”. Ma non provateci neanche a fare battute sul pomodoro discriminato perché rosso o sui Filodendro live matters.
Si potrà obiettare sulla congruità, dentro un Festival dell’Architettura, di un premio letterario intitolato a Clara Sereni, scrittrice, di una grande famiglia di intellettuali romani, per alcuni anni vicesindaco del Ds a Perugia. Si potrà perfino criticare la vocazione sottozero da Ice-Festival delle incursioni dentro i ghiacciai del mondo.
Niente di più sbagliato.
Il Festival un rischio però lo corre. Sta nella sua stessa grandezza.
Lo si capisce quando parla il guru di “Seed”, l’irraggiungibile Andrea Margaritelli, percorre la terra ma ha una disposizione d’animo ascetico, profondo, impareggiabile nel tono, nella scelta degli aggettivi, maestro nell’evocare orizzonti e nel contempo rifuggire da ogni enfasi, misurato nello slancio, capace di passione nel mentre resta descrittivo, 18 minuti di ringraziamenti, niente “gobbo” davanti, senza cannare un first name e men che meno un surname, fino a elencare gli sponsor come fossero candidati a un Premio per la riconoscenza. Perfetto. Un tutt’uno con l’evento.
Ma tutti questi Seed (semi di conoscenza inseguiti e rintracciati nel mondo intero, in tema di architettura ma non solo) rischiano di diventare materiali della ricetta per un gigantesco Bimbi, ingredienti da far diventare schiuma, per quanto possa risultare gradevole e stimolante, però fine a se stessa.
Tanto azzeccata è la scelta di ispirarsi a un grande artista come Joseph Beuys – che ha trascorsi a Perugia – perchè invita a “guardare a terra” per incontrare la natura e gli altri, ma anche “in cielo” per incrociare lo sguardo con “angeli e spiriti”. Natura e spiritualità. La “duplice visione”, la sola capace di interpretare correttamente la realtà, secondo la lezione del semiologo Northrop Freye.
Ma guai restare sospesi a mezza altezza.
Per cui, se si vuole avere un meritato luminoso futuro, si proceda alla “messa a terra”. Un’opera architettonica, anche piccola, ma summa di conoscenze, per l’Umbria. Non certo un palazzo Volvo come quello – che meraviglia – di Goteborg. Ma soluzioni, interpretazioni e forme d’avanguardia, sostenibilità finalmente in action, ricerca sui materiali e risparmio energetico declinati per il futuro e condotti in avanti fino allo scenario più visionario.
L’Umbria è un gymnasium naturale, in senso classico, per un esperimento del genere, una palestra intellettuale ma anche pratica, avendo mantenuto un tessuto ambientale, economico e pure sociale non certo incontaminato ma più saldo che altrove.
Possono dare una mano gli sponsor più umbri del Festival? Aboca dei Mercati, Ecosuntek della felice sorpresa di questi anni Matteo Minelli, il Listone Giordano dei Margaritelli, e perchè no “La Valle” di un esperto navigatore dei mari dell’economia di queste parti come Giampiero Bianconi. Si può tirare dentro l’Università di Perugia, rappresentata al convegno da un urbanista di chiara fama come Paolo Belardi – premio speciale della giuria per la più ammaliante foto delle decine del portfolio – e che ha un rettore capace di strategie, progetti e visione come Maurizio Oliviero?
Va da sé che ogni iniziativa deve essere in capo al governo regionale e alla sua presidente Tesei.
Si farà mai? A che serve avere un po’ di fiducia nel futuro se non si prova.


