«God save l’Umbria e le vacanze bucolic». Gli inglesi scoprono l’Umbria, anche se la Toscana ancora fa un po’ ombra

SPOTLIGHT di MARCO BRUNACCI | Agabiti Urbani entusiasta: «Un trionfo sulla stampa inglese». Ulivi e vigne, vino e olio, paesaggi «peaceful» e «idyllic», città medievali tenute come si deve. Assisi, Orvieto, Spoleto, Valnerina. Ora sarebbe però il momento degli investimenti: in qualità, strutture e narrazione

di Marco Brunacci

PERUGIA – È una meta «bucolic», littlema con vigneti (e vini), uliveti (e olio) e fattorie meravigliose. Insieme a «best-preserved medieval towns». Ed è pure «peaceful» ed «idyllic». Gli inglesi riscoprono l’Umbria ed è una bella notizia.

Oggi, nel pieno dell’alta stagione turistica regionale, l’assessore al ramo, Paola Agabiti Urbani ha ogni motivo per entusiasmarsi mentre lo annuncia su Fb.
C’è Assisi e non è una novità, ma ci sono Orvieto, Spoleto e la Valnerina, segno che anche un certo imprinting verso sud della giunta regionale ha funzionato. In un articolo compaiono finalmente anche le foto della Cascata delle Marmore.
Con il centro e il nord che reggono da soli e adesso che c’è l’aeroporto, anche Perugia vola, mentre il Trasimeno vive di luce propria e l’alta Umbria gode della vicinanza della Toscana, mentre soffre un po’ l’Appennino che pensa più all’industria (e motivi per preoccuparsi o per gioire ne ha) che ad attrarre visitatori.
Insomma: una rondine inglese è abbastanza per fare primavera nel turismo regionale? Sì e no.
Sì, perchè gli inglesi sono difficili da accontentare e sono pure viaggiatori incalliti, attenti alle proposte, e fanno scuola in tre quarti dell’Europa del Nord (la Germania vive di richiami suoi e ancora l’Umbria non è entrata in sintonia, o almeno non quanto potrebbe).

Ancora sì, perché si è entrati nell’immaginario collettivo europeo, si sente finalmente il profumo dell’uva e dell’olivo, finalmente umbri e non toscani, e sono una promessa di vino e olio e una tavola mediterranea come se la sognano al Nord.
No, o non ancora perché, nelle citazioni l’Umbria continua a venir descritta come, near, vicina alla Toscana.
Perché l’Umbria non ha ancora investito neanche un centesimo di quello che la Toscana ha investito (pubblico e privati) sul suo brand. Ma questo è storia. Semmai il problema è un altro: continua adesso a non fare gli investimenti (pubblico e privati) che dovrebbe. Si è indietro nel lusso come nell’ospitalità “bucolica” di qualità. E per attrarre le famiglie bisogna avere più fantasia. Ancora: la narrazione dei vini e degli olii e dei prodotti del territorio non è all’altezza di quella toscana. E questo a parità di qualità. La tentazione di infilare il prosciutto del discount nell’antipasto misto è sempre troppo alta.
La Toscana continua a proporre colline e arte, buona tavola e tramonti, ma se vuoi portare i bambini sul pony o a lezione per costruire gli aquiloni o a passare un’ora con gli alpaca non hai che da chiedere.
La Toscana ha un progetto per i campi da golf e sta dietro ai suoi protagonisti che devono migliorare l’accoglienza, formare personale, o anche solo rinnovare la piscina del resort o che devono trovare l’architetto dei giardini più visionario.
Quindi: brava, bene, bis, Paola Agabiti. Che ha ancora quasi due anni di lavoro per superare i gap che ha avuto in eredità.
Con la certezza che ha già fatto tanto meglio di quella promozione del governo nazionale, rispetto a quella signora Venere del Botticelli che ha scelto di fare “il mestiere che non c’è” e non lo fa bene, anzi – secondo l’impareggiabile monito della filosofa Ornella Vanoni – ha “già passato una vita a dare, dare, dare, ma con quali risultati non saprei”.

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