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In Umbria in 19mila lavorano nel settore culturale e creativo. Ma c’è ancora tanto da fare

Emerge da uno studio effettuato da Unioncamere e Fondazione Symbola

R.P.

PERUGIA – Numeri importanti ma al di sotto della media nazionale. Sono quelli del sistema produttivo culturale e creativo dell’Umbria. Per quanto riguarda il peso sul totale dell’economia regionale viene evidenziato un ritardo del 16,1% sul dato medio italiano, mentre il dato è del 27,7% nel report relativo al Centro Italia. Stessa situazione per quanto concerne il peso dell’occupazione: sulle unità di lavoro impegnate, l’Umbria è indietro dell’8% nei confronti della media italiana e del 18,6% verso quella del centro. Per non dimenticare il peso del Sistema produttivo culturale e creativo (Spcc) sull’economia che per l’occupazione: l’Umbria è fanalino di coda tra le quattro regioni del centro. Lo riferisce la Camera di commercio.

Se nel 2022 il valore aggiunto del Spcc in Italia è aumentato del 6,8% rispetto al 2021, in Umbria è cresciuto del 4,1%, definito peggior risultato tra tutte le regioni italiane. Stesso per l’occupazione del sistema produttivo culturale e creativo, aumentata (sempre nel 2022 sul 2021) del 3% in Italia e scesa dello 0,4% in Umbria, anche in questo caso, peggior risultato tra le regioni italiane (solo la Basilicata marca il segno meno, anche se leggerissimo -0,1%).
Il ritardo dell’Umbria sul fronte sistema culturale è comunque verso il centro-nord (dove, peraltro, ci sono anche regioni che stanno dietro l’Umbria), non verso le regioni del Mezzogiorno d’Italia, che il ‘cuore verde’ supera tutte. È, in estrema sintesi, il quadro che emerge da “Io sono Cultura”, il rapporto annuale di Fondazione Symbola e Unioncamere, intitolato quest’anno “L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”. Lo studio vede anche la collaborazione del centro studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne, insieme a istituto per il Credito sportivo, la fondazione Fitzcarraldo e Fornasetti, con il patrocinio del Ministero della Cultura.

Tra attività “core” (ossia tutte quelle economiche che producono beni e servizi culturali) e “creative driven” (quelle attività che non producono beni o servizi strettamente culturali, ma che utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti, quindi la loro competitività), nel 2022 l’Umbria presenta un valore aggiunto del sistema produttivo culturale e creativo (somma delle attività “core” e di quelle “creative driven”) di 1,017 miliardi di euro, che valgono il 4,7% del totale dell’economia regionale (5,6% il dato medio nazionale, 6,5% quello medio delle quattro regioni del centro, il che significa che l’Umbria ha, rispetto al dato italiano e a quello del centro, un gap negativo rispettivamente del 16,1% e 27,7%).
Quanto all’occupazione, il sistema produttivo culturale e creativo dell’Umbria nel 2022 conta 19mila 600 unità di lavoro, il 5,3% dell’occupazione regionale totale (5,8% il dato medio nazionale, 6,5% quello del Centro, il che significa un gap negativo della regione, rispettivamente, dell’8% e del 18,6%). Il ritardo della regione nei confronti della media nazionale (trainata come detto dal centro-nord, mentre rispetto alle realtà del Mezzogiorno l’Umbria ha una posizione migliore) è definito evidente anche se si guardano altri indicatori. Ad esempio, il valore aggiunto generato in Umbria dal sistema produttivo culturale e creativo nel 2022 è l’1,1% di quello nazionale, mentre sia la popolazione che il valore aggiunto totale dell’Umbria rappresentano l’1,4% circa del dato italiano.

L’OCCUPAZIONE

Le cose vanno meglio sul fronte dell’occupazione, dove l’Umbria rappresenta l’1,3% del dato italiano, poco sotto quindi il suo peso in termini di abitanti e Pil. Come imprese che svolgono attività “core”, la Camera di commercio sottolinea che siamo quasi in media nazionale, però come valore aggiunto sotto. Dai dati emerge un problema produttività del spcc della regione, che tra l’altro ricalca il problema produttività che l’Umbria presenta a livello di sistema economico complessivo. Il numero delle imprese umbre delle attività “core” del sistema è, nel 2022, di 3mila 797, l’1,38% delle imprese a livello nazionale (275mila 318).
Emerge quindi che, a fronte di un numero di imprese “core” in linea con il peso dell’economia generale dell’Umbria su quella nazionale (1,4%), il peso del valore aggiunto della regione come visto è minore (1,1% di quello nazionale). Le imprese umbre “core” del Spcc sono quindi meno produttive e pertanto più fragili. Anche se va detto che nel 2022 il Spcc dell’Umbria mostra segnali di miglioramento perché, a fronte della crescita del 4,1% del valore aggiunto, l’occupazione è scesa dello 0,4%.

L’Umbria, in termini di valore aggiunto, è più sbilanciata nelle attività “creative-driven” rispetto alla media italiana e a quella del centro. Rispetto alla media nazionale e a quella del centro, in termini di produzione del valore appare più sbilanciata verso le attività “creative-driven”. Se, infatti, nel 2022 a livello azionale il valore aggiunto prodotto dalle attività “core” è il 55,2% (e quello delle attività “creative-driven” è il 44,8%) del valore aggiunto prodotto complessivamente sistema, in Umbria tale rapporto si inverte: il 48,3% del valore aggiunto deriva dalle attività “core” e il 51,7% da quelle “creative-driven”. La distribuzione delle imprese delle attività “core” produttivo culturale e creativo vede in Umbria qualche importante diversità rispetto alla media nazionale.
A cominciare dal peso decisamente maggiore che nella regione hanno le imprese della voce “editoria e stampa” (29,4% in Umbria con 1.116 aziende, 22,8% la media italiana), e delle imprese della voce “patrimonio artistico e storico” (0,7% in Umbria con 26 aziende, 0,4% la media nazionale). Umbria sopra il dato italiano anche per quanto concerne la voce “Performing arts e arti visive” (Umbria 13,6% con 515 aziende, media italiana 11,2%) e quella “Videogiochi e software” (13% con 492 aziende, dato nazionale 12,4%). Mentre l’Umbria presenta percentuali più basse nelle voci “Architettura e design” (24,5% con 931 aziende, contro 31,9% del dato nazionale), “Comunicazione” (Umbria 13,7% con 520 imprese, Italia 15,5%), “Audiovisivo e Musica” (Umbria 5,2% con197 aziende, Italia 5,8%).

L’ANALISI DI GIORGIO MENCARONI

Per Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di commercio dell’Umbria «c’è innanzitutto un elemento che emerge dal tredicesimo Rapporto “Io sono Cultura”. Si tratta del fatto che il sistema produttivo culturale e creativo si configura sempre più come un conglomerato di attività capace di attivare in misura consistente il resto dell’economia».
Secondo il presidente dell’ente camerale umbro «a tre anni dallo scoppio della pandemia e in piena fase di ricostruzione e ripartenza, le industrie culturali e creative sono tra i settori più strategici per facilitare la ripresa economica e sociale italiana. Non solo perché i numeri dell’ultimo decennio dimostrano che parliamo di una fonte significativa di posti di lavoro e ricchezza. Ma anche perché sono un motore di innovazione per l’intera economia e agiscono come un attivatore della crescita di altri settori, dal turismo alla manifattura creative-driven».

Per quanto riguarda l’Umbria, aggiunge Mencaroni, gli 1,017 miliardi di euro di valore aggiunto realizzati da sistema produttivo culturale e creativo della regione, e le 19mila 600 unità di lavoro impegnate nel 2022 sono «numeri importanti, ma non siamo ancora riusciti a recuperare il gap con la media nazionale e con quella del Centro Italia. Si tratta, attraverso un aumento della produttività delle imprese del Sistema Produttivo Culturale e Creativo, di accrescere la capacità competitiva del Sistema Produttivo Culturale e Creativo dell’Umbria, che diventa aumento della capacità competitiva dell’intero sistema economico regionale. E su questo la Camera di commercio è fortemente impegnata sia sul fronte delle numerose iniziative di valorizzazione del territorio, sia su quello della transizione digitale ed ecologica delle nostre imprese, collaborando a larghissimo raggio con tutte le Istituzioni e le forze economiche e sociali della nostra regione e non solo».

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