di Francesco Bircolotti
FOLIGNO (Perugia) – Tra l’incalzare delle cornamuse e gli scrosci di pioggia, sull’altopiano di Colfiorito la “città nomade”, come la chiamano da queste parti, resiste. E la magia di “Montelago Celtic Festival” ancora una volta può andare in scena davanti a quasi ventimila appassionati (stavolta però a numero chiuso) di tutto ciò che richiama echi di un passato in cui musica, cultura e tradizioni esaltavano natura, misteri e libertà. Il fango la fa da padrone dopo l’illusoria prima giornata di giovedì, ma il popolo “montelaghista” non si ferma, abituato com’è ad andare oltre. Figurarsi stavolta che è l’edizione del ventennale!
Così, mentre gli organizzatori de “La Catasta” si fanno in quattro per garantire lo svolgimento dell’evento e rispettare il fittissimo programma, il pubblico è il vero protagonista di questo mondo parallelo che per tre giorni al confine tra l’Umbria e le Marche sceglie di rivivere le tradizioni dei popoli nordici. Alle 23 di un venerdì disastroso dal punto di vista meteo i biglietti sono andati soldi out per l’ultima giornata, quella di oggi, che rappresenta il clou; già alla prima sera le magliette celebrative erano esaurite; nel campeggio (un’opera d’arte in evoluzione oraria per la fantasiosa capacità dei presenti di abbellirlo ed esprimere le proprie infinite personalità) nessuno batte ciglio se le tende si allagano e c’è da lavorare duro; i fornitissimi stand gastronomici sono presi d’assalto per tutto il giorno e fino all’alba; i dialetti si mescolano e creano un linguaggio universale; c’è un patto ferreo per rispettare le regole perché tutto possa svolgersi al meglio e nonostante le cascate di birra, alcool, ippocrasso e idromele non c’è modo di andare sopra le righe. Per tutti l’obiettivo è trascorrere un festival più divertente e spensierato possibile, tra kilt e costumi di pelle, mantelli e pellicce, trucchi elfici e acconciature fantasy. Ma soprattutto musica: tribale e primordiale sullo sfondo (con i tamburi che non si fermano mai), rievocativa ma con sonorità adattate nei diversi generi alla modernità sul palco del main stage e su quello del Mortimer Pub diventato per tutto il venerdì il principale, essendo al riparo dalla pioggia.
E allora via giovedì sera con i balli sfrenati e i cori all’unisono con i polacchi Percival Schuttenbach maestri del Folk Metal; il “Baroquecore” della band francese guidata da Igorrr (sì, con tre “R”); l’Electro Folk Rock dei bretoni Plantec. E poi, in un venerdì incredibile sotto tutti i punti di vista, i Celkilt con il loro Celtic Rock alla francese; gli scozzesi An Dannsa Dub; ma soprattutto, direttamente dal set della serie “Il Trono di Spade”, i teutonici Corvus Corax con i loro ritmi trascinanti e le cornamuse autocostruite per una presenza scenica unanimemente riconosciuta come leggendaria all’insegna della musica medievale.
Il viaggio arriva all’oggi di Montelago, col sole in lotta con le nuvole, l’aria quasi fredda che nessuno percepisce dopo i fuochi della notte. Sarà ancora tempo di giochi celtici (rugby su tutti, il fango non manca…), convegni a tema e presentazioni di libri sotto la Tenda Tolkien, viaggi nel passato nell’accampamento storico e workshop per apprendere le arti più disparate: dalla lavorazione di cuoio e argilla alla tessitura di un mandala, dall’accademia musicale alla creazione di gioielli, serigrafie o prodotti erboristici, passando per la falconeria, l’inchiostro ferrogallico, giochi di ruolo e la cucina fantasy. Tutto in attesa, dopo i tanti concerti del pomeriggio, del folk, blues e rock armonico dei Violons Barbares, trio mongolo-bulgaro-francese; del Medieval-pagan folk dei tedeschi Faunus; degli italianissimi Furor Gallico che tornano al confine tra Umbria e Marche dopo 11 anni.
Sarà l’ultima notte di Montelago Celtic Festival, con la certezza però dopo vent’anni di entrare nella storia. Con la sua gente e la sua libertà.












