L’olio costa di più visto che se ne produce di meno

I 7 VIZI GASTRONOMICI | Per far alzare il costo dell’olio non sono bastate le campagna d’informazione culturale delle reti qualitative del mondo olivicolo

di Diego Diomedi

Prosegue il viaggio di Umbria7 nei 7 VIZI GASTRONOMICI, un tour nel mondo del gusto attraverso i sette vizi capitali. Si pensi a un pranzo o ad una cena, possibilmente tra amici, conoscenti o addirittura parenti. I 7 vizi, sotto forma gastronomica, usciranno tutti. Dalla gola all’invidia, dall’accidia all’avidità. Basta un banchetto per poter rappresentare i peccati capitali. Ma perderli è proprio un peccato…

La goccia che ha fatto traboccare la bottiglia d’olio (e non il vaso d’acqua) è stata la continua diminuzione della produzione.
L’Italia è uno dei paesi che maggiormente consuma olio d’oliva. È tra i principali anche esportatori. Il punto di domanda si crea dal momento in cui sia dei produttori con regimi molto bassi (lo scorso anno 208 mila tonnellate). La risposta arriva subito pensando a quanto invece produce la Spagna. Il problema si crea quando paesi come la Spagna hanno una diminuzione e un calo della produzione pari al 60%.
Un vero dramma che si traduce nell’aumento di prezzo di quella categoria di oli che possiamo chiamare “da scaffale” che riportano un prezzo medio di circa 7,5 euro al litro. A fare il mercato in Italia insomma, non sono gli olivi umbri o toscani protagonisti delle molteplici pubblicità bensì oli provenienti nella maggior parte dall’Europa e una grossa fetta dalla Spagna. Senza dimenticarci le produzioni extra UE che raccolgono comunque un bel bacino d’acquisto e rivendita e non tralasciando il fatto molto importante che, anche quando si acquista un olio con prezzo da scaffale che riporta la dicitura made in Italy, si sta comprando una miscela si proveniente dall’Italia ma con annate varie(tradotto, li dentro potrebbero esserci anche oli di due/tre anni fa.
Tornando al discorso prezzo, illumina l’articolo de Il Sole24 ore dove nella sezione food dedica sempre molto spazio all’olio. Dichiara infatti come il riposizionamento ha fatto alzare i prezzi del 240%. Una vesta stangata. Tutto questo si traduce con un calo nei consumi dell’extravergine di circa il 9%. E come riporta sempre dell’Orefice del Sole24Ore, arriva a all’11% se coinvolgiamo anche anche gli oli d’oliva.

Insomma, il mercato dell’extravergine italiano che punta molto sulle produzioni spagnole e sulla valorizzazione in casa attraverso poli olivicoli importanti soprattutto nel centro Italia, dovrà fare i conti con questa situazione.

Diego Diomedi vive a San Gemini, in Umbria. Storico dell’alimentazione e della gastronomia, collabora con “Umbria 7”, “Guide di Repubblica” e “Gambero rosso”. Ha preso parte come moderatore e come relatore a numerosi convegni e tenuto lezioni su tematiche enogastronomiche nelle scuole, all’Università e centri di formazione. Alunno di Massimo Montanari all’Università di Bologna, i suoi principali campi di ricerca sono la storia e l’antropologia alimentare. Collabora inoltre con diverse testate d’informazione. Per Edizioni Thyrus ha curato il libro “Conversazioni dantesche”.

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