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Festa della Liberazione. Tesei: «Lavoriamo tutti per la pace»

Le parole della governatrice pronunciate nel corso delle celebrazioni del 25 aprile

AL.MIN.

UMBERTIDE  (Perugia) – Stop a qualsiasi tipo di conflitto e massimo lavoro per costruire la pace in ogni parte del mondo.

E’ questo il monito lanciato dalla presidente della Regione, Donatella Tesei, che ha celebrato il 25 Aprile a Umbertide, dove oltre alla festa della liberazione dell’Italia dal nazifascismo è stato anche commemorato l’80esimo anniversario del bombardamento alleato di Borgo San Giovanni, a causa del quale persero la vita 74 persone. «La Festa della Liberazione si celebra in ogni Comune dell’Umbria, dalle città capoluogo ai paesi più piccoli – ha affermato la governatrice dal palco insieme al sindaco Luca Carizia –  Ho voluto scegliere Umbertide perché qui si commemora, insieme alla Liberazione, un anniversario importantissimo non solo per questa comunità ma per l’Umbria intera». Il bombardamento alleato del 25 aprile 1944, ha continuato Tesei, uccise «tante persone, distrusse molte famiglie e questa piazza. La mia presenza qui è per condividere insieme a tutti voi la storia, il dolore di quei momenti, la liberazione della nostra nazione». Dalla presidente, infine, l’invito di «guardare insieme al futuro, tutti uniti, perché si dica no a tutte le guerre e che si adoperi tutti per una pace universale».

Nell’omelia della messa dedicata alle vittime di Borgo San Giovanni,  il parroco della Collegiata, monsignor Pietro Vispi ha voluto rammentare «che il Vangelo ha fatto sì che si affermasse l’idea di persona, di uomo, come soggetto libero e spirituale che non può essere ridotto ad oggetto. Noi cristiani e non solo dobbiamo sentirci in debito per questo dono, che vogliamo offrire e riproporre anche nei nostri giorni. Sappiamo a quali abissi di disprezzo e di inumanità giunse la follia di talune ideologie e come anche i nostri giorni ci hanno fatto conoscere purtroppo altre forme programmate di distruzione e di annullamento di popoli e classi sociali. In questo orizzonte chiediamo al Signore di non farci dimenticare come all’indomani dalla guerra la molteplicità di forze politiche ha saputo porre le basi della nostra Italia libera e democratica e ha scritto la nostra Costituzione, profondamente impregnata di valori cristiani».

Nel proprio discorso il sindaco Carizia ha ricordato che «per noi umbertidesi, il 25 aprile ha sempre un doppio significato. La tragedia, la morte, la distruzione e la sofferenza nel 1944, un anno dopo la gioia, la rinascita e la liberazione dalla barbarie nazifascista». Il pensiero è andato quindi  «ai nostri 74 morti, tra i quali c’erano diversi bambini. Purtroppo la guerra è morto e distruzione che anche oggi stiamo vivendo quotidianamente in tante parti del mondo, anche a noi vicine. Tutti noi, ogni giorno, dobbiamo fare lo sforzo che è quello di parlare di pace di rispettare le idee altrui. Dobbiamo far parlare le parole e non le armi». Il 25 aprile 1945, ha concluso Carizia, è stato  «un giorno importantissimo, che ci ha portati qualche anno dopo ad affermare l’Italia repubblicana e democratica che rappresenta tutti noi, permettendoci di stare insieme con un senso di comunità, solidarietà e unione per affrontare le sfide del futuro».

Pochi istanti prima dell’inizio del discorso della presidente, la locale sezione dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia ha abbandonato la piazza intonando “Bella ciao” per protestare contro la decisione di non far parlare nel corso delle cerimonie ufficiali un proprio rappresentante. «Dal 1945 al 2018 – si legge in una nota dell’associazione – l’Anpi ha partecipato alle celebrazioni istituzionali nel nostro Comune, esprimendo il suo sostegno alle vecchie e nuove resistenze. Purtroppo, anche quest’anno, come è successo negli scorsi 5, non ci è stata data l’opportunità di parlare dal palco insieme alle altre istituzioni. Chiediamo quindi al governo cittadino di riconoscere all’Anpi il suo ruolo di istituzione antifascista, promotrice di memoria e democrazia, restituendoci uno spazio di parola sul palco della Festa della Liberazione dal giogo nazifascista».

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