M.Brun.
PERUGIA – Commissioni regionali: sono tre. E poi c’è il controllo e garanzia che è della minoranza. Il centrodestra ha poco da litigare: da tempo è stato deciso che Paola Agabiti Urbani avrebbe fatto la vicepresidente dell’Assemblea, mentre alla presidente uscente Donatella Tesei toccava il ruolo della portavoce dell’opposizione, col mite Andrea Romizi destinato al ruolo che è stato negli ultimi cinque anni dell’aggressivo Thomas De Luca per garanzia e controlli.
I problemi li ha invece chi deve dividere i pani e i pesci del successo. La velocità con la quale si procede a sostituire i responsabili delle società partecipate (con rischi di vertenze) dice quanta necessità abbiano i vertici della maggioranza di trovare sedie adeguate per i tanti partecipanti al banchetto della vittoria.
Ma sulle presidenze delle commissioni il gioco è ancora più delicato.
Il Pd, il partito che ha guidato al successo la coalizione ha onori ma anche oneri, e i suoi vertici, magnanimi, hanno deciso di dare spazio ai partiti alleati, in particolare M5s, che con il suo 4 e spicci per cento porta a casa un assessorato “pesante”, con la golden share della giunta, e avrà anche uno dei presidenti di commissione (Luca Simonetti).
Ora però il Pd, per assegnare le due presidenze delle commissioni che gli spettano, deve fare un’altra scelta potenzialmente sanguinosa: decidere se ragionare in termini matematici oppure fare un discorso più politico.
Spiegazione: se si adottano criteri numerici i due presidenti del Pd saranno nell’ordine Lisci (3860), spoletino rampante, territorio che scalpita e non ha avuto riconoscimenti nonostante l’intraprendenza di Papa Sisti, e Filipponi da Terni (3608), per la gioia dell’ex vicepresidente della giunta Marini, Paparelli, esponente storico del partito sotto l’ombrello veriniano. (Anche se Filipponi potrebbe andare alla commissione speciale Antimafia).
Oppure si decide di concentrarsi sulle due donne in fondo alla classifica degli eletti Pd, facendo prevalere le prospettive politiche. Quindi: Letizia Michelini, sindaca di Monte Santa Maria
Tiberina, la amministratice che ha stoppato l’elezione dell’ascanian-veriniano doc Michele Bettarelli in Alto Tevere, e Maria Grazia Proietti, ternana stimata, ala cattolica, Demos, esponente della Comunità di Sant’Egidio,
Il delicato compito del giovane segretario regionale Tommaso Bori a questo punto è, prima di tutto, quello di evitare che il giro della presidenza di commissione, diventi un cinico gioco della sedia: quando si ferma la musica, chi è seduto vince. Dall’altra parte, evitare che ci sia un effetto consigliere-calimero per chi resta fuori.
Quindi obbligo di scelte trasparenti, coerenti e ben spiegate a tutti i protagonisti. Ma Bori non è uno che si tira indietro.


