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La sinistra, l’Ast e cinquanta sfumature di green  

«Tutte le contraddizioni dei Niet-cong». Interviene Marco Cecconi, responsabile dipartimento crisi aziendali di FDI Umbria

TERNI – Che la transizione ecologica, alla luce dell’economia reale (e della vita vera) abbia a lungo scontato (nella previsione di tutte le trasformazioni imposte dall’Ue, tutte le scadenze temporali-capestro, tutti i vincoli annessi e connessi) un’impostazione troppo ideologica e sostanzialmente suicida, è un fatto di cui in Europa per fortuna si discute già da un po’. Che nelle pieghe di processi così tanto complessi si nascondono anche enormi ipocrisie – come il mantra delle auto elettriche, prodotte per lo più con una componentistica che arriva dalla Cina, ovvero il Paese più inquinante della terra – è una verità su cui per fortuna in molti hanno aperto gli occhi da tempo. Ma, a fronte di tante irragionevoli fughe in avanti, obbligate marce indietro, curve tortuose e tripli salti mortali, in Umbria c’è anche di più. Qui su questo fronte abbiamo proprio di che scegliere. C’è l’ecologismo vetero-grillino di certe associazioni ambientaliste e relativi leader, che segnano per Terni come giornata di lutto cittadino la data della firma dell’Accordo di programma per AST, gridando alla catastrofe per colpa appunto di una fabbrica che – fosse stato per loro – doveva chiudere punto e basta. C’è l’ecologismo post-grillino ora in giacca e cravatta di chi, dai ruoli di comando attuali in Regione, per confutare in qualche modo le accuse di alto tradimento mosse dalla patria politica d’origine, si attribuisce il merito di accordi futuribili con Enel – per l’erogazione di energia a costo agevolato a favore di AST di qui a qualche anno – tutti all’insegna delle rinnovabili: accordi di cui non vediamo l’ora di vedere traccia nero su bianco il prima possibile (e nessuno si sogni di farli fallire, giusto per mettere ancora una volta i bastoni fra le ruote alle acciaierie). E poi c’è l’ecologismo a senso unico della sinistra nostrana e relative appendici del campo largo, anzi larghissimo, che dice no al termovalorizzatore perché dire di no è l’unica cosa che sa fare: rinunciando alla possibilità di chiudere davvero il ciclo dei rifiuti con tecnologie a zero impatto ambientale; continuando a raccontare la favola della raccolta differenziata e del riciclo come unica soluzione, quando una soluzione totale non lo è da nessuna parte al mondo; facendo finta che le discariche non siano inquinanti, che i costi del trasporto e conferimento non siano salassi, che i camion che portano su e giù l’immondizia, dai tubi di scappamento, emettano solo nuvole rosa. Tante bugie non fanno una verità (del resto, ormai lo sappiamo, mistificare a certa sinistra viene proprio facile facile, si pensi solo alla sanità). E così tante sfumature di green, 50 e anche più, non fanno una visione: una visione in cui sviluppo, salute e ambiente possano davvero camminare di pari passo e non solo a chiacchiere.

«Liste d’attesa fuori controllo, Proietti ammetta il fallimento. Sono salite a 87.557»

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