GIUSEPPE CROCE
TERNI – Se c’è una questione urgente – la più urgente, da risolvere entro pochi mesi – per tutta l’Umbria meridionale, è quella dei collegamenti ferroviari con l’area romana. L’annuncio della definitiva deviazione dei treni ordinari per e da Roma dalla linea direttissima alla linea lenta tra Orte e Roma, ha determinato un’emergenza che attende risposte in tempi brevi. La deviazione, infatti, implica un aggravio pesante nei tempi di percorrenza. Se fino ad oggi un treno veloce collega Terni con Roma Tiburtina in poco più di 50 minuti, con la deviazione potrebbero non bastare 80 minuti. Si tratta di un peggioramento drastico delle condizioni di vita quotidiana per migliaia di pendolari. Ma questo cambiamento è in grado di produrre anche effetti di sistema per territori già molto deboli, dei quali è bene avere piena consapevolezza per comprendere la posta in gioco. Tre effetti gravissimi che sono altrettanti motivi per i quali si deve evitare che l’annuncio diventi realtà.
In primo luogo, il collegamento ferroviario verso Roma ha consentito nel tempo un’integrazione stretta del mercato del lavoro dell’Umbria meridionale con quello dell’area romana. I posti di lavoro disponibili a Roma, nella pubblica amministrazione ma anche in molti servizi privati e nell’industria, aumentano notevolmente la quantità e la varietà delle opportunità di lavoro per chi risiede nei comuni dell’Umbria meridionale, da Terni e Narni fino a Orvieto, ma anche Spoleto. Occupazione e reddito nei comprensori dell’Umbria meridionale sono fortemente dipendenti dal pendolarismo su Roma. Allungare i tempi di percorrenza avrà lo stesso effetto, sia pure in tempi più diluiti, che avrebbe la chiusura di diverse aziende del territorio.
Inoltre, con la graduale affermazione delle modalità di lavoro ibrido, che prevedono la necessità di recarsi fisicamente in ufficio solo due o tre giorni la settimana, potrebbe diventare più attraente tenere o spostare la propria residenza nel ternano o nell’orvietano pur lavorando a Roma. Tuttavia, questa combinazione richiede tanto un’ottima connessione internet quanto un’ottima connessione ferroviaria. Senza l’una o l’altra non risulta sostenibile.
Ma se diventa difficile combinare residenza in Umbria e lavoro a Roma, il secondo effetto sarà sul fronte demografico in quanto non potrà che accelerare lo svuotamento di popolazione già in atto. Ciò si manifesterà man mano che i giovani entreranno nel mercato del lavoro e si troveranno nell’impossibilità di conciliare la residenza e la creazione di una famiglia in Umbria con il lavoro a Roma. Ed è certo che nella maggior parte dei casi dovranno rinunciare a risiedere o a far crescere la propria famiglia in Umbria per mantenere il lavoro a Roma. In entrambi i casi, un’accelerazione della fuga dei giovani qualificati e un duro colpo alle dinamiche demografiche ed economiche già negative della nostra regione.
Il terzo effetto di sistema si avrebbe sul fronte dello studio. Attualmente, poter raggiungere abbastanza agevolmente le università romane rappresenta una soluzione che permette a molte ragazze e ragazzi dell’Umbria meridionale di laurearsi senza dover sostenere i costi, per tante famiglie sempre meno accessibili, degli affitti delle grandi sedi universitarie. Allungare i tempi di pendolarismo significherà tagliare questa possibilità e, per molti di loro, probabilmente dover rinunciare alla laurea o essere costretti a spostarsi su un’università telematica, una soluzione che difficilmente può rappresentare un buon sostituto, sia sul piano formativo sia su quello umano, del frequentare le aule di un’università in presenza. E, in aggiunta, sarebbe seriamente indebolita anche la capacità dei corsi di laurea di Terni e Narni di attrarre studenti da fuori regione aggravandone ulteriormente le già precarie prospettive. Garantire la continuità del pieno accesso dei treni pendolari sulla linea direttissima è il minimo che si possa fare per la tenuta della mobilità verso l’area romana. Non farlo sarebbe come tagliare la corda della ciambella di salvataggio di un intero territorio.


