TERNI – Basta davvero poco per diventare segretario provinciale del Pd ternano. Bastano appena 34 delegati. Non servono neanche i 41 previsti dal quorum di maggioranza. Via Mazzini, da tempo ha smesso di essere, a Terni, una fucina di innovazione e progettualità. E’ diventata una fabbrica di procedure anomale, di minoranze che si travestono da maggioranze, di faide e di scontri interni.
A Spinelli, per essere eletto segretario, è bastata una manciata di voti, in quanto la maggioranza dei delegati non si è presentata per protestare contro il mancato accordo tra le anime del Pd. Passione Democratica avrebbe preferito un passo un dietro da parte di Spinelli e l’individuazione di un terzo candidato, dopo che il sindaco di Baschi, Damiano Bernardi, inizialmente candidato alla segreteria provinciale è diventato segretario regionale. Pierluigi Spinelli, non si è fatto tanti scrupoli ed ha accettato i quattro voti che lo hanno portato a diventare segretario provinciale. Una corsa in solitaria, figlia di quel gruppetto che ha ripreso le chiavi di via Mazzini in mano. Ovvero gli ex sindaci di Terni, Leopoldo Di Girolamo e Paolo Raffaelli, e poco più. Dal cilindro della sinistra ternana anni Novanta, spunta un’altra vecchia gloria: l’inossidabile Roberto Piermatti sarebbe candidato alla presidenza dell’assemblea del partito. Un nome, quello di Piermatti, in voga nei mitici anni Ottanta e Novanta. Ma ormai il partito di Terni sembra diventato una squadra di vecchie glorie. Ci vogliono almeno settant’anni, infatti, per ricoprire gli incarichi dirigenziali. La battaglia tra il vecchio e il nuovo, tra gli amanti del Novecento e i figli del Duemila, prosegue indomita. Passione Democratica ha già annunciato di voler presentare ricorso contro l’ elezione di Pierluigi Spinelli e ha inviato lettere alla segretaria nazionale Elly Schlein e al presidente del partito Stefano Bonaccini. La zuffa va avanti. Una rissa che nel corso degli anni ha più volte mandato al tappeto il partito stesso. Ed ha decimato più di una generazione.


