AU. PROV.
TERNI – «Gentile paziente la informiamo che la sua colonscopia è stata rimandata. Purtroppo al momento l’attività libero professionale è sospesa, pertanto non possiamo fissarle una nuova data»
La telefonata 48 ore prima dell’esame, che a questo punto A. P., settant’ anni e una predisposizione familiare al cancro del colon, andrà a fare fuori regione. «Non volevo pesare sulle liste d’attesa, perciò ero disposto a pagare 300 euro, ma non va bene neanche così a Terni». A. P. aveva prenotato l’esame diagnostico 25 giorni fa e tutto si aspettava fuorché ricevere la telefonata dalla segreteria dell’Alpi (attività libero professionale in intramoenia) del Santa Maria 48 ore prima, per il rinvio. A data da destinarsi, per giunta. Non il solo: quattro i pazienti rimasti appesi. Doppio danno per la Regione, che perde punti (nella gestione della sanità) e soldi. La crisi delle liste d’attesa, è forse la più grave degli ultimi anni. Al di là delle cifre ufficiali — su cui maggioranza e opposizione si scontrano quotidianamente — è la realtà vissuta dai cittadini a raccontare un’altra storia: quella di un sistema che non funziona. La colonscopia di A.P. e degli altri tre pazienti prenotati per il Santa Maria, non potrà che essere fatta altrove. Se i quattro sfortunati decidessero di mettersi in lista d’attesa dovrebbero aspettare almeno un anno e mezzo. Piu facile credere che, come A. P. , anche gli altri tre ternani decidano di andare a curarsi a Roma.


