M.BRUN.
PERUGIA – Non è un nuovo allarme, ma una preoccupante conferma: il problema è il ceto che una volta poteva considerarsi medio e che adesso deve ricorrere all’aiuto della Caritas per poter tirare avanti. Il fenomeno povertà, in tutte le sue sfaccettature, in Umbria, si modifica, anche con la dissoluzione della famiglia tradizionale, che non riesce più ad assolvere quel ruolo di mutuo aiuto per bilanciare scompensi.
L’analisi è di don Marco Briziarelli, giovane e appassionato direttore di Caritas, parroco della parrocchia del Duomo di Perugia, che nella sua missione segue persone, famiglie, nei loro tanti bisogni.
E i dati non sono rassicuranti: 10.300 sono i nuclei familiari seguiti da Caritas in Umbria, oltre 3.700 nella sola Diocesi di Perugia. «Ma la gente umbra è partecipe alla sorte dei meno fortunati e non fa mancare il suo aiuto. Il dato più confortante è che per un fabbisogno annuo di 2 milioni di euro per assistere le 3.700 famiglie della Diocesi perugina, 400 mila euro arrivano dall’8 per mille, ma 1 milione e 600 mila euro sono sensibilità della gente perugina e progettazioni».
Il trend della povertà in Umbria è costante da qualche tempo, successivamente al Covid, ma il lascito di quello sciagurato periodo è stato davvero pesante. «Oggi come oggi non pare che in questo anno dobbiamo attenderci aumenti del fenomeno, ma certo restare stabili su questi numeri non può essere considerato un risultato positivo. Anzi, è necessario agire per ridurre questa fascia di sofferenza della popolazione».


