Marcello Ricci, il padre del Progetto Mandela, ci ha lasciati

Restano i suoi insegnamenti, i laboratori, il Centro per i diritti umani, l’approccio alla conoscenza come risorsa per combattere l’intolleranza: una grande eredità

TERNI – Per tutti, anche per gli amici, era il Professor Ricci. Un pilastro, il padre del Progetto Mandela. Un punto di riferimento per intellettuali, studenti, artisti, famiglie di studenti. Per la comunità intera. Sempre disponibile, sempre attivo dentro e fuori al liceo. Insegnava storia e filosofia allo scientifico Galilei. Soprattutto insegnava ai giovani il valore della libertà.

Con la morte di Marcello Ricci, il Progetto Mandela perde il suo presidente, ma non il suo ruolo nella società civile.

Anche Luca Simonetti, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle esprime il suo ricordo: «Con la scomparsa di Marcello Ricci Terni perde una delle menti più brillanti e coraggiose di una stagione in cui persone come lui hanno fatto davvero la differenza. Donne e uomini capaci di incarnare un riequilibrio territoriale costruito sui sogni e sull’eccellenza, trasformando questa città in una locomotiva di innovazione e cambiamento per tutta la regione» e prosegue con il ricordo e il valore della persona: «La mia famiglia ha avuto il privilegio di vivere quella stagione in prima linea. Persone che volevano abbracciare il cambiamento senza dimenticare le proprie radici. L’esperienza di Radio Evelyn, la ferita delle prime morti per overdose quando l’eroina arrivò in città, e quella riflessione collettiva che portò Marcello e mio padre a raccogliere le voci dei giovani poeti nel libro I Versi del Nera. La stagione di Palazzo Primavera, le esposizioni a Palazzo Mazzancolli, e una politica attiva e dissacrante, capace di irridere e mettere in discussione anche quella sinistra di governo da cui provenivano e alla quale erano profondamente legati, ma di cui vedevano già allora alcuni limiti e contraddizioni che, purtroppo in modo quasi profetico, avrebbero finito per allontanare una parte importante del proprio elettorato.

E senza dimenticare i progetti arrivati dopo, come il progetto Mandela, che oggi andrebbe rilanciato con coraggio e che continua a sopravvivere grazie all’impegno ostinato di poche persone appassionate.

Era una città dove le arti visive, la musica, il jazz, il teatro e la creatività erano il motore e il termometro di una comunità viva, capace di prendersi cura di sé stessa senza aspettare il Messia di turno. Una comunità consapevole, che sapeva far valere i propri diritti perché unita» conclude Simonetti.

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