Marco Brunacci
PERUGIA – Ecco una notizia buona, una buonissima e una molto meno buona. Tutte insieme.
La Camera di commercio dell’Umbria segnala come la regione abbia messo a segno un risultato importante: nel comparto che comprende pubblica amministrazione, sanità, istruzione e attività culturali e di intrattenimento ha una crescita del 3,84% a fronte di una media nazionale del +2,94%.
Ma la notizia buonissima è che, in questo contesto la prima provincia sulle 107 italiane è quella di Terni, la quale ha fatto il record nazionale con un incremento del +4,88% del valore aggiunto, mentre
Perugia è staccata in un comunque 28esimo posto onorevole, ferma al +3,5%
Il commento ai dati di Camera di commercio: “Si tratta di un risultato che si lega alla forte presenza di strutture pubbliche e alla vivacità del tessuto culturale locale”. E continua: “La Camera di commercio dell’Umbria ha del resto documentato come la regione sia la prima in Italia per numero di attività culturali e spettacoli in rapporto alla popolazione, un elemento che contribuisce alla coesione sociale e all’attrattività turistica”.
Parole sante, non fosse che quello che luccica tiene in ombra l’altra faccia della medaglia: l’Umbria, sempre più e con sempre maggior zelo, si orienta ad avere come obiettivo quello di essere una sorta di
Florida d’Italia, la cui economia è sempre più strettamente legata al pubblico e la manifattura stenta a trovare spazi e iniziative e non solo non traina il tessuto economico regionale, ma spesso si mette in
scia.
Va aggiunto che, quando si dice di record di attività culturali e spettacoli, qui non si parla di Coachella festival, nè di cartellone del Metropolitan e neppure di stagione del Bolshoi, ma di molte piccole, piccolissime e, al massimo, medie iniziative, per forza di cose a trazione pubblica.
Resta quindi sempre lo stesso dilemma: si può vivere di solo terziario, di grande distribuzione, di finanziamenti pubblici, di intraprese all’ombra di Enti locali e Stato centrale? Che futuro c’è per una regione che può vantare “il record delle attività culturali e dello spettacolo in relazione agli abitanti”, ma la cui manifattura ha perso vitalità e non dà alcun segnale di inversione di tendenza?


