DIEGO DIOMEDI
La campagna olearia in Umbria segna un drastico calo: la produzione di olive è crollata di quasi il 50% rispetto allo scorso anno. Un dato pesante, che si riflette sia nelle quantità conferite ai frantoi sia nel morale di tanti piccoli produttori. Chi è riuscito ad anticipare la raccolta e ha seguito le corrette pratiche agronomiche – trattamenti mirati, olive sane, frangitura entro 12 ore dalla raccolta – è riuscito comunque a portare a casa un olio di ottima qualità, profumato e bilanciato. Ma si tratta di una minoranza, composta perlopiù da aziende organizzate e professionisti del settore.
A soffrire di più sono invece gli hobbisti, quei piccoli produttori che ogni anno si dedicano alla raccolta “di casa”. I numeri di questa categoria sono crollati: molti non hanno raccolto affatto, altri hanno portato al frantoio pochissime olive, spesso già cadute e danneggiate. Nei casi in cui la raccolta è stata fatta, la qualità dell’olio è risultata pessima. Cassette di olive lasciate ferme per giorni, frangiture tardive e olive compromesse hanno portato a risultati deludenti. Abbiamo fatto diverse interviste, girando nei frantoi, e nessuno, tra gli hobbisti, dice che l’olio è buono. È un fatto quasi incredibile, visto che di solito per ognuno il proprio olio è sempre “il migliore”. Alcuni piccoli produttori, addirittura, hanno ammesso di voler buttare via l’olio ottenuto.
Dai frantoi arriva la conferma: molte olive quest’anno erano malate, infestate da vermi visibili anche a occhio nudo. «Rovinano le macchine e compromettono la lavorazione – spiegano alcuni frantoiani –. Spesso siamo costretti a rimandare indietro i conferitori con le partite peggiori». Una stagione dunque difficile, che mette in luce quanto sia fondamentale curare con attenzione ogni fase della produzione. L’olio di qualità, anche in un’annata complicata come questa, è stato possibile solo per chi ha saputo prevenire, trattare e raccogliere in tempo.


