DI Marco Brunacci
PERUGIA – «Possibile che in Regione ci sia una donna sola al comando?». Fine 2025, tutto tranquillo sul fronte umbro? Mica vero.
La tempesta sulle nuove tasse sta per iniziare, non appena si renderanno conto della stangata i cittadini umbri, la nevralgica questione liste d’attesa delle quali, a ritmi regolari, si annuncia l’azzeramento, è una pochade con una trama irrispettosa delle esigenze dei cittadini umbri.
Ma non solo questo: c’è una strisciante tensione politica, non avvertita fuori dal Palazzo se non in minima parte, anche perchè i protagonisti fanno di tutto per renderla impalpabile. Almeno per ora.
E, allora, ecco qua: nel Pd c’è chi commenta il fine anno di Stefania Proietti nel modo in cui abbiamo iniziato. Lo fa, per ora, nelle segrete stanze.
Alcuni si lamentano, con più raffinato spirito critico, del fatto che non si sente più parlare di coalizione, ma solo di “decisioni della presidente”.
E a sinistra, questo modo di fare, fino a poco tempo fa, provocava vasti attacchi di orticaria. Vuol dire che da quelle latitudini politiche non sono più reattivi? Non è questione di reattività, spiegano, ma di opportunità. Prevale l’amor di patria politica. Per ora, come abbiamo detto e già ripetuto.
Nel Pd c’è chi pensa che uno squilibrio così non si era mai visto: il partito del 30% e passa, con un peso determinante nella coalizione, avrà anche i suoi assessori, ma non viene ascoltato. “La donna sola al
comando” non sente la necessità di consultarsi.
Per ora, in pubblico, funziona la comunicazione fatta contro il centrodestra, ma non è aria che i democrat continuino in questa debilitante disciplina sportiva del inghiottire rospi e far finta di
niente.
Così, nel Pd, se non cova proprio la rivolta, almeno si segnalano preoccupanti principi di gastriti.
Da parte di giovani leve, di qualche centrista che non si arrende al modus operandi principesco di palazzo Donini, da parte di alcuni molto delusi esponenti del territorio, ma perfino da parte dei meravigliosi “dinosauri” del centrosinistra di governo, un’esperienza trattata come una era geologica precedente, che l’attuale governance di palazzo Donini ricorda solo nella Giornata dei combattenti e reduci, e poi tratta come fossero una vecchia foto polverosa di lontani antenati, conservata sì, ma dietro lo scaffale.
Si iniziano a sentire distinguo dal lato Lorenzetti-Locchi, ma anche da quello Agostini-Sereni. Poco in pubblico, ma tanto nel telefono senza fili, che ricomincia a funzionare, di quello che è stato il partito-gigante rosso dell’Umbria, dove si faceva governo e opposizione e che sembrava destinato a durare da qui all’eternità.
Certuni si scandalizzano che il Pd umbro non abbia neanche più una sede sua. Tanto meno una qualche assemblea operativa che si esprima, per costringere gli amministratori regionali o comunali che siano, al confronto, tanto più che è la prima volta, nella storia della Regione Umbria, che non ci sia un rappresentante di riferimento del Pd, il più grande partito umbro della sinistra e per distacco.
Niente di niente.
Ecco quindi l’idea di fine 2025: rafforziamo la segreteria regionale del giovane dabbene Damiano Bernardini, con due nuovi vicesegretari, uno per Perugia e uno per Terni.
Per il primo posto circola anche un nome (Gallina), per quello di Terni sembra più complicato arrivare alla designazione di Spinelli, dopo che c’è stato il braccio di ferro con l’ex segretario regionale e attuale vicepresidente della giunta regionale, il giovane vincente Tommaso Bori.
Finalità e scopo? Rendere più strutturata la presenza del Pd nella “sua” Umbria, in vista di elezioni nazionali del 2027 che saranno uno snodo (e con tanti potenziali candidati al Parlamento, pronti per una corrida da non perdere), ma soprattutto per evitare che ci sia ancora la “donna sola al comando” di cui sempre più democrat, per ora i pionieri, si lamentano, anche se ancora mezza bocca e quasi mai in
pubblico.


