Terni-Roma, non è solo questione di treni

Giuseppe Croce: «Non basta attrarre un po’ di popolazione, Terni deve essere città di creazione di attività e buoni posti di lavoro». L’analisi del professore di economia politica della Sapienza Università di Roma

TERNI – Negli ultimi mesi si è tornati a parlare dei collegamenti ferroviari tra Terni e Roma, da ultimo nei giorni scorsi grazie all’incontro promosso dall’associazione Think Tank Terni e dal consigliere comunale Verdecchia presso il Campidoglio a Roma. Si parla di treni pendolari, “linea lenta”, ritardi e nuovi, più veloci tempi di percorrenza, ma è chiaro a tutti che non si tratta solo di una questione di treni. Per Terni e tutta l’Umbria meridionale è sempre più una questione decisiva per il proprio futuro.

Il solo comune di Terni, tra il 2019 e il 2024, ha perso oltre quattromila residenti. Dal punto di vista economico le cose non vanno meglio. L’intera regione dell’Umbria quest’estate è entrata a far parte della Zona economica speciale, un’area territoriale di conclamata sofferenza economica e che comprendeva già l’intero Mezzogiorno.

Proprio per questa situazione di depressione, il prezzo delle case a Terni è basso e, in particolare, molto più basso, diciamo un terzo o un quarto, che a Roma (escludendo il centro storico). Sappiamo anche, dalle indagini disponibili, che a Roma la qualità dei servizi, a partire dal trasporto pubblico, è spesso carente. Consideriamo, infine, che come noto gli stipendi delle famiglie italiane in termini reali sono fermi da molto tempo.

Ora, in queste condizioni se si dovesse materializzare, come è stato annunciato, l’arrivo di treni che coprono la tratta da Terni a Roma in quaranta minuti è facile pensare che si potrebbe attivare un flusso di trasferimenti di residenti, persone che mantenendo il lavoro a Roma preferiscono spostare la residenza nell’area ternana. A facilitare questa scelta concorrerebbe sicuramente la diffusione del lavoro da remoto, che riduce il numero di giorni di presenza settimanali nella sede di lavoro.

Per Terni significherebbe un rallentamento del declino demografico, la possibilità di ridare valore al patrimonio edilizio e un rilancio dei consumi locali. Tutto bene, tutto facile, sembrerebbe. Tuttavia, se si vuole puntare a questo scenario come una strategia per il futuro della città vale la pena guardare bene da vicino per apprezzare le opportunità che offre e prevedere le possibili trappole, per provare a superarle.

La prima trappola consiste nel pensare a questo scenario come a un “travaso” di popolazione da Roma a Terni puntando semplicemente sui minori costi delle abitazioni e della vita. Se si vuole attrarre a Terni anche famiglie di classe media, con livelli professionali relativamente qualificati e redditi di fascia media, non basta offrire prezzi bassi ma è necessario esibire una buona qualità dei servizi e della vita. Non basta il fatto che Terni, in quanto città media, è meno congestionata della capitale. Per avere qualità della vita serve disponibilità di asili nido e buone scuole, una sanità efficiente, verde pubblico per difendersi dal clima torrido in estate, e buona qualità dell’aria, la possibilità di praticare sport per ragazzi e adulti, spazi di coworking, vere piste ciclabili, un centro cittadino vitale, un’offerta culturale che possa appoggiarsi almeno a un teatro, stagioni musicali di buon livello, e buoni livelli di sicurezza percepita. Insomma, la “qualità della vita” non è qualcosa che abbiamo come dono di natura ma il risultato del miglioramento di un mix di molti fattori che va perseguito e realizzato. Insomma, non può essere una semplice operazione di “travaso” ma deve diventare un progetto di città.

Tuttavia, e questa è la seconda trappola, se anche l’attrazione di nuovi residenti dovesse avere qualche successo, dobbiamo essere consapevoli che sarebbe solo una cura palliativa. Il declino rallenterebbe ma non sarebbe invertito. Il prezzo di questa operazione sarebbe di rendere Terni un po’ più simile a un quartiere romano. Se invece Terni vuole mantenere una sua identità di città, se vuole valorizzare le sue risorse, a partire dal fatto che è ancora un’importante area industriale polisettoriale, e non di industria leggera come ce ne sono molte nel Centro Italia, con una posizione baricentrica nella rete di città medie che va dal Lazio alle Marche, non può limitarsi ad attrarre un po’ di popolazione ma deve essere città di creazione di attività e buoni posti di lavoro. Deve inserirsi attivamente nella grande transizione verde e digitale dell’economia. È anche su questo fronte che la relazione con Roma può diventare partnership strategica. L’Umbria meridionale può accogliere servizi – per il tempo libero, il turismo, la cultura, la salute – che Roma deve decongestionare ma anche progetti di investimento innovativi che a Roma mancano come certificato dall’ultimo Rapporto di Banca d’Italia sull’economia del Lazio. Anche l’economia laziale non ha ancora recuperato i livelli del 2007, e la produttività è molti anni in declino.

Il declino strutturale non riguarda solo Terni ma tutto il Centro Italia e, sia pure in forma più nascosta, anche Roma. Se Roma stessa non vuole diventare una periferia europea e lasciare solo Milano e le città del nord a presidiare la frontiera delle attività innovative, dalla tecnologia alla moda, dalla finanza alla ricerca, ha la necessità di aggiungere elementi nuovi al suo modello economico. La partnership tra Terni e Roma può offrire serie opportunità in questo senso non solo all’Umbria meridionale ma anche all’area romana, sviluppando investimenti e ricerca ad esempio nei materiali, nell’economia circolare, nelle energie alternative.

Questa è la posta in gioco, non un semplice “travaso” di un po’ di residenti, e questa è la partita da giocare se si vuole avere l’ambizione di provare a saltare fuori dal sentiero di declino.    

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