E.C.
TERNI – Il 7 giugno alle ore 17.45 e alle ore 21 andrà in scena al teatro Sergio Secci di Terni lo spettacolo intitolato “The Elevator – l’ascensore”. Come spiega Riccardo Leonelli, di cui è l’idea e anche la regia: «Per la prima volta dopo “La voce” (2022), “A spasso con Shakespeare” (2023) e “Tutta colpa di Ares” (2024), lo spettacolo di quest’anno “The Elevator” nasce direttamente dalla penna dei suoi protagonisti, ossia le allieve e gli allievi del corso di recitazione “Performing Square”, da me diretto per il C.G.S. Cornelio Tacito. Ogni scena infatti, ad eccezione di “L’amore ai tempi del co…vid”, rielaborazione di un vecchio sketch di Mario Brancacci, è una drammaturgia originale».
Come spiega nel dettaglio Leonelli: « Il non semplice obiettivo che ho posto quest’anno è stato quello di far scrivere agli attori le proprie scene – tutti sono stati supportati con dispense e lezioni specifiche dedicate alla drammaturgia – per capire a fondo le ragioni del proprio personaggio e, di conseguenza, offrire un’interpretazione quanto più vera, profonda e umana possibile. In sintesi, un lavoro drammaturgico e attoriale insieme. Non certo roba da poco. Inoltre per fare tutto questo serviva un luogo di riferimento in cui far incontrare le loro piccole creazioni. E così è nato The Elevator. Chi di noi non ha avuto almeno una volta nella vita un incontro particolare all’interno di un ascensore? L’ascensore è un terreno neutrale, di passaggio, potremmo dire, dove spesso le persone parlano del tempo e di altre amenità per vincere l’imbarazzo di stare chiusi in una scatola a un metro di distanza, ma è anche un luogo in grado di offrire un confronto, un’opportunità per tirare fuori qualcosa di sé che aspetta da tempo il momento giusto per uscire. L’ascensore è anche – nella mia idea – un non-luogo simbolo d’incontro-scontro fra diverse anime che si trovano in un momento di crisi e avvertono il bisogno di fare i conti con limiti, paure, contraddizioni, debolezze. L’ascensore può portarci su, verso vette altissime e sublimi, o scaraventarci giù, nei lati oscuri dell’anima. Non a caso l’immagine di riferimento è una cabina nel bel mezzo di un cielo stellato, metafora dell’anima che vola nello spazio in cerca della propria strada. Sta a noi scegliere dove andare e da che parte stare, come dirà uno dei personaggi dello spettacolo. Non nascondo che, a un certo punto dell’anno, ho avuto la sensazione che il compito da me affidato agli allievi fosse troppo arduo da portare a termine. È stata la prima volta che ho dubitato tanto in vent’anni d’insegnamento. A loro ovviamente non l’ho detto. Qualcuno ha abbandonato la nave. Qualcuno è entrato in crisi. E forse anch’io avuto paura di avere fatto il passo più lungo della gamba. Ma alla fine, la realtà è che sono stato smentito da ciascuno di loro. Uno per uno. Perché il risultato è semplicemente sbalorditivo. E oggi posso dire con orgoglio e ferma convinzione che il coraggio, la volontà, l’impegno e la passione di queste splendide donne e uomini dimostrano che – chi lo vuole – può scalare persino le montagne. E perché no, anche il cielo».



