Sprofonda il commercio, arrivano 617mila euro di luminarie: il controsenso dell’amministrazione Bandecchi

Continua la moria dei negozi tradizionali. Il centro si svuota, le luci si accendono sulle saracinesche abbassate

TERNI – Sprofonda il commercio, travolto dalla crisi, dalla diminuita capacita di spesa delle famiglie e dal caro affitti.  Chiudono i grandi marchi e spariscono i negozi di qualità. A settembre le sei dipendenti di Kik in via Gramsci hanno ricevuto la lettera di fine rapporto e dicembre sarà il loro ultimo mese di lavoro. Wycon ha lasciato i locali di corso Tacito riducendo il personale (mantiene il punto vendita di  Cospea Village), “Corner non solo outlet” in via Beccaria, il Caffè del Teatro in corso Vecchio, Primigi e Marlù in via Primo Maggio hanno chiuso i battenti. Una moria che sta stravolgendo il volto della città e che sta svuotando le vie del centro storico.  Greg e Mendes Urban, sempre in via Primo Maggio, hanno iniziato la procedura di liquidazione. Il calo dei consumi, l’aumento dei costi energetici e delle materie prime, la concorrenza dell’ e-commerce e dei centri commerciali che a Terni sono sorti nella semiperiferia, stanno fiaccando gli esercizi tradizionali che per decenni hanno caratterizzato la città.

Per cinque negozi che chiudono ne riapre uno soltanto, con la media nazionale che è tre a uno. Non solo. A riaprire sono le attività di servizi o artigianali. Dove era Gila Sposa in via Carrara adesso c’è Modella, franchising di estetica. In corso Vecchio, al posto di Thun sta per inaugurare  un centro benessere cinese e in largo Filippo Micheli una scuola di danza va ad occupare i locali dell’Ambassador.  

Se è vero che la desertificazione dei centri storico è un problema che riguarda la maggior parte delle città d’Italia, a Terni

Il fenomeno assume una dimensione più profonda per la mancanza di una strategia di rilancio del comparto come denunciano le associazioni di categoria. La richiesta, unanime, è di incentivi per chi investe, agevolazioni sugli affitti, politiche attive di rigenerazione urbana. «Non bastano le luci natalizie» – sbottano. Quest’anno poi, il Comune investe 617mila euro per le luminarie. «Per illuminare cosa? Le saracinesche abbassate?». L’investimento di Palazzo Spada divide: se per qualcuno le luci di Natale portano gente e aiutano il commercio in un periodo cruciale, per altri servono solo a mascherare uno scenario di emergenza economica mai vista prima: «Servono politiche strutturali, non paillettes».

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