Fase2, Confcommercio chiede «controlli ma non repressione». E scrive ai prefetti di Perugia e Terni

Presidente Mencaroni: «Le imprese  vogliono rispettare le regole, ma in una situazione di totale incertezza e fragilità controlli e ispezioni devono aiutarle ad intraprendere un cammino di normalizzazione»

UMBRIA – «Le imprese sono le prime a voler garantire la salute dei propri clienti, vogliono rispettare le regole, ma le regole ancora non ci sono, mancano i protocolli sulla sicurezza, a tre giorni dalla ipotizzata riapertura di interi settori, riapertura peraltro nemmeno questa ufficializzata. Quando i protocolli sulla sicurezza arriveranno non ci sarà comunque il tempo necessario per organizzarsi con il nuovo modo di lavorare».

Così scrive Confcommercio Umbria in una nota, diffusa oggi, dopo l’invio di una lettera indirizzata ai prefetti di Perugia e Terni, in cui i commercianti chiedono, senza mezzi termini, che «i controlli e le ispezioni sulle attività economiche in fase di ripartenza non siano repressivi, ma servano ad aiutarle ad intraprendere un cammino di normalizzazione». Perché in questo momento «le imprese oggi sono confuse, fragili ed in gravissima difficoltà», scrive Confcommercio, ma anche in virtù della «discordanza e frammentarietà delle indicazioni con cui hanno a che fare, del fatto che sull’impresa che riapre vengono integralmente scaricate le responsabilità di questa riapertura, che riaprire oggi non significa  fare incassi, ma riprendere a dare un servizio utile e necessario dalla comunità e garantire continuità lavorativa ai propri dipendenti».

«In una situazione normale è giusto che i controlli e le ispezioni siano anche repressivi – ha scritto il presidente di Confcommercio Umbria Giorgio Mencaroni – ma in questa fase tale approccio appare oggettivamente iniquo, oltre che inopportuno. I controlli, oggi più che mai, devono servire ad aiutare le imprese ad intraprendere un cammino di normalizzazione ed essere preventivi e non meramente repressivi. Diversamente, ad alcuni imprenditori basterà l’inflizione anche di una sola sanzione per chiudere definitivamente la loro attività. Ma i costi di questa chiusura vanno ben oltre il “vantaggio” che si ha dalla rilevazione di una temporanea carenza sotto il profilo normativo».

«Sia chiaro – ha aggiunto Mencaroni – non chiediamo di non verificare gli adempimenti o di non fare controlli! Diciamo solo che in questo momento straordinario questi vanno fatti anche per il bene delle imprese, aiutandole a mettersi in regola, accompagnandole nel loro adeguamento e non per reprimerne eventuali inefficienze».

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