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Università di Perugia, il pasticciaccio brutto di Dad e lezioni in presenza: la lettera degli studenti

Polemiche sul diritto allo studio e l’idea delle ProiLezioni

di spazio_studenti
(riceviamo e pubblichiamo)

PERUGIA – Ci presentiamo, a chiunque voglia leggerci,
siamo un gruppo di studenti e studentesse non facenti parte di associazioni universitarie che hanno deciso di unirsi in maniera spontanea per tutelare il nostro diritto allo studio a fronte di problematiche riscontrate all’interno dell’Università degli Studi di Perugia.

Ci siamo ritrovati, come studenti molto preoccupati per la situazione che stiamo per descrivervi, nella condizione di dover scrivere questa lettera di denuncia poiché i tentativi fino ad ora messi in atto, anche tramite canali istituzionali, non hanno comportato grandi cambiamenti.
In tutta Italia senza dubbio la pandemia ha comportato immensi disagi all’ambiente universitario e gli atenei italiani già dalla seconda metà del 2020 si sono attrezzati utilizzando una nuova forma di didattica: la didattica mista.
Con didattica mista si intende il dare la possibilità a tutti gli studenti e tutte le studentesse sia di seguire le lezioni da casa, sia di partecipare nel modo migliore qualitativamente e quantitativamente possibile, alle lezioni in presenza creando una sorta di 50-50 che potesse limitare i contagi.
La campagna vaccinale e la conseguente diminuzione del diffondersi dei contagi hanno permesso di andare sempre di più verso il 100% di presenza da parte degli studenti puntando ad un possibile ritorno ad una condizione pre-Covid. All’inizio dell’anno accademico 2021-2022 ci aspettavamo dall’Ateneo di Perugia un sostanziale e necessario ritorno in presenza come avvenuto nella maggioranza delle università italiane anche tramite l’utilizzo del green pass.
In realtà questo non è avvenuto, anzi è stato mantenuto lo stesso protocollo di gestione delle fasi 2-3 dell’emergenza sanitaria Covid-19 dell’anno precedente come se la situazione non si fosse evoluta in meglio.

In gran parte, se non in tutti i dipartimenti di Perugia, sono presenti gli stessi problemi: non ci sono sufficienti spazi o questi non sono gestiti in modo da accogliere tutti gli studenti e di conseguenza la didattica a distanza (DAD) viene utilizzata come pezza al fatto che se potessimo tornare tutti in presenza, in alcuni casi entreremmo nei nostri dipartimenti forse solo uno sopra l’altra ampliando le aule alle scale, ai corridoi e a Corso Vannucci.

Ovviamente noi studenti non siamo rimasti con le mani in mano fino ad ora, ma quanto ottenuto dopo mesi di battaglie è ben misera cosa.
L’ultimo incontro con il magnifico Rettore dovrebbe aver garantito la DAD per tutto l’anno accademico, ma, paradossalmente, non c’è nessuna certezza, a causa delle normative Ministeriali per le università ferme a marzo 2021, che gli esami possano essere fatti da tutti gli studenti a distanza (quindi uno studente che abita in Trentino o in Calabria o in qualsiasi regione potrebbe seguire tutte le lezioni da casa ma potrebbe dover venire appositamente a Perugia solo per qualche ora d’esame).

Non utilizziamo il condizionale a caso nella frase precedente, diciamo “dovrebbe aver garantito la DAD” perché, ad ormai metà del primo semestre, non ce ne è ancora stata data conferma.
Purtroppo, questo condizionale si espande anche a tutte le altre cose promesse fino ad ora, quindi oltre la DAD, anche il raggiungimento della capienza delle aule al 100% e la fantomatica eliminazione della prenotazione dei posti in aula.

Anche se il rettorato dovesse confermare queste tre cose, la loro attuazione richiederebbe sicuramente altri mesi di messa in atto, lasciando per tutto il primo semestre tanti dipartimenti nella condizione descritta in precedenza.
Oltretutto rimarrebbe un dipartimento, ovvero quello di Filosofia, Scienze sociali, Umane e della Formazione (un dipartimento che ospita un’enorme quantità di immatricolati) a cui queste misure, tranne la DAD, non possono essere attuate.

In questo dipartimento conferma o non conferma da parte del rettorato, non cambierà nulla.

• Partiamo da uno dei cavalli di battaglia, utilizzato solo come slogan fino ad ora, ovvero la famosa “capienza al 100%” che troppo spesso viene scambiata, anche dagli stessi studenti speranzosi di ricevere buone notizie, con presenza al 100%.
Capienza al 100% significa solamente che i dipartimenti cercheranno di riempire le aule al 100% e qui sorgono due punti da sottolineare.

1) Se le aule possono essere riempite al massimo, ma non si permette agli studenti di venire in presenza, si crea un paradosso che le lascerebbe magari semi-vuote come accade ora.

Infatti, ad oggi, molti studenti preferiscono non spendere soldi per prendere un pullman, per fare benzina alla macchina o addirittura per prendere in affitto un appartamento con contratto annuale per magari 1 settimana di presenza ogni semestre.
Sentire una matricola universitaria dire “non ne vale la pena di venire in presenza” dovrebbe essere una sconfitta per tutto il sistema.

2) In molti dipartimenti il numero di studenti è aumentato e gli spazi che già presentavano problemi di sovraffollamento ora, con le misure anti-Covid, non conterrebbero tutti gli studenti.
Anzi in alcuni casi questi spazi non basterebbero nemmeno se il Covid sparisse domani.
Ad esempio, nel dipartimento di Filosofia, Scienze sociali, Umane e della Formazione, alcuni corsi sono passati dall’avere il numero chiuso con un massimo di 300 persone (cosa accaduta fino all’anno accademico 2019/2020), all’avere un numero aperto che ha provocato un aumento esponenziale delle immatricolazioni: circa 1.000 studenti si sono iscritti al corso di Filosofia e Scienze e tecniche Psicologiche nell’anno accademico 2020/2021 , e circa altri 1.000 nel 2021/2022.

Ad un aumento di immatricolazioni di circa il 230% annuo rispetto a due anni fa (questo numero è probabilmente sottostimato), non è corrisposto un miglioramento ed incremento di servizi e di spazi che permettessero agli immatricolati di frequentare fisicamente l’università.
Purtroppo questa situazione paradossale nasce da una discrepanza di intenti tra la direzione dell’ateneo e quella del dipartimento.

La filosofia del rettorato attuale è quella di rendere accessibile per tutti il sapere, cosa che ha dato vita alla scelta di inserire il numero aperto.
La cosa che non riusciamo a capire è perché non sia stata considerata l’impossibilità delle attuali strutture di reggere un ampliamento tale della mole studentesca.

Dall’altra parte il dipartimento in questione, a cui spetta la ricerca di spazi maggiori, non si è conformato a queste direttive, strutturalmente parlando, lasciando gli studenti davanti ad un computer non solo lo scorso anno, ma facendolo anche quest’anno in modo reticente.
Il problema non è quindi tanto il cambiamento a numero aperto, ma il fatto che a questo non siano corrisposti spazi maggiori.

Cominciamo a domandarci in che modo questo afflusso economico consistentemente maggiore venga utilizzato, dato che non viene trasformato in servizi alle persone che questo afflusso l’hanno reso possibile; per quel che ne sappiamo, le tasse dovrebbero esistere con questo scopo.
C’è da dire che l’urgenza della situazione è stata colta da alcuni, ma dobbiamo chiarire perché l’unica cosa che è stata fatta sia palesemente un provvedimento palliativo.

Agli studenti di questo dipartimento sono state annunciate 3 aule aggiuntive per poter aumentare lo spazio e permettere agli studenti di frequentare di più il dipartimento.
Il problema, però, sta nel fatto che all’interno del sopracitato dipartimento, tra frazionamenti, anni diversi, intercorsi e corsi di laurea ci sono più di 30 classi differenti; quindi, a meno che queste aule siano grandi come stadi non crediamo siano sufficienti.

Inoltre, dato che a FISSUF non è possibile togliere la prenotazione per i motivi citati nel paragrafo successivo e non è possibile nemmeno aumentare i giorni di presenza perché ovviamente questa misera aggiunta non lo permetterà, queste 3 aule rimarranno nuovamente semi-vuote e qui potrebbe anche emergere una retorica molto fastidiosa per noi studenti, ovvero quella che dice che sono gli studenti a non voler seguire le lezioni.

Dato che nel resto d’Italia, con una normale quantità di giorni di presenza, gli studenti vanno a lezione nei loro dipartimenti al massimo della loro capacità, deduciamo che o gli studenti di Unipg appartenenti ai dipartimenti con più problemi sono particolarmente scansafatiche o che forse potrebbe essere che l’università non fornisce un servizio degno di un’istruzione a pagamento.

• Il secondo punto, l’eliminazione della prenotazione del posto in aula, annunciato a gran voce come un enorme traguardo, non è invece il grande risultato che sembra: se si legge attentamente, si scopre che solo i dipartimenti con spazi sufficienti possono permettersi questo lusso, mentre altri, non possono permetterselo, sempre per il fatto che gli spazi dedicati ad essi sono troppo ridotti (FISSUF) rispetto alla mole degli studenti o perché questi non sono gestiti nella maniera corretta cosa che ricade su in tanti corsi di laurea (solo per citarne alcuni: Lettere, Lingue, Scienza della formazione,

Scienze dell’educazione, Servizio Civile, Beni culturali e tanti altri).
Sembra quindi che l’Università degli studi di Perugia faccia figli e figliastri tra chi può andare a lezione in presenza sempre (ad esempio il relativamente nuovo rispetto a tanti altri, Dipartimento di Ingegneria), e chi può farlo solo qualche settimana o peggio, qualche giorno.
Sottolineiamo inoltre che il sistema di prenotazione doveva essere migliorato, come tutte le altre cose promesse fino ad ora, ma ad oggi rimane ancora una modalità ulteriormente peggiorativa della situazione in quanto non permette in modo equo a tutti di prenotarsi o di eliminare la prenotazione a seconda della necessità.

Quanto detto fino ad ora si estende a macchia d’olio a molti dei Dipartimenti dell’Ateneo Perugino, e comporta delle gravissime situazioni a causa delle quali tanti studenti, tante voci, tante storie ci hanno confermato che l’Università di Perugia non crediamo si stia impegnando seriamente nel “far valere la pena” il ritorno in presenza per tutti.

Presentiamo ora forse e solo forse, tra tutte, le situazioni di vita vissuta da noi studenti, la peggiore, che può rendere la gravità del contesto.
Sempre nel non proprio fortunato Dipartimento di Filosofia, Scienze sociali, umane e della Formazione (FISSUF) generalmente gli studenti e le studentesse possono frequentare per 2-3 settimane nel corso di tutto il primo semestre e ciò è già grave.

In particolare, però, nel corso di Filosofia e scienze e tecniche psicologiche la situazione è ancora più problematica: si può andare in presenza per una media tra tutti gli anni di 7 giorni in 6 mesi.
Per spiegare la situazione è necessario dire che all’interno di ogni anno di questo corso triennale vi è un frazionamento ulteriore.

Questo significa che il primo ed il secondo anno sono divisi per cognomi in 4 gruppi A-C, D-L, M-P,
Q-Z, mentre il terzo anno (l’ultimo rimasto con 300 iscritti essendo l’ultimo anno del numero chiuso) è diviso in A-L e in M-Z.
Quindi, anche se da orario appare che al terzo anno sono assegnate due settimane per il primo semestre, in realtà non è così perché lo studente “Ferrari” che rientra nel gruppo A-L potrà andare dal lunedì al mercoledì, mentre lo studente “Rossi” potrà solo il giovedì e il venerdì perché del gruppo M-Z.
In questo modo lo studente Rossi potrà frequentare non due settimane, ma solo 4 giorni in 6 mesi, ma ironia della sorte? (O piuttosto totale disorganizzazione e lassismo??)
I giorni in cui è possibile andare in presenza non corrispondono sempre al fatto che ci sia lezione quindi ci si può praticamente prenotare per andare a seguire una lezione che non esiste; puoi comodamente sederti in un’aula vuota e utilizzare male il poco spazio che questo dipartimento concede.
Quest’ultima cosa riduce ancora di più i giorni di presenza: il nostro studente Rossi a questo punto potrà andare a lezione solo 2 volte in 6 mesi ovvero il venerdì, perché giovedì non ha lezione!
E ricordiamo che il povero Rossi è uno studente pagante tasse, esattamente come chi può entrare nel proprio dipartimento ogni giorno.
Per creare una pezza a questa ridica situazione, siamo riusciti nell’arco di due settimane a creare quelle che abbiamo chiamato “proiLezioni” (foto in allegato).
Con a disposizione una sala ad uso gratuito, il Laboratorio G.Miliocchi in Corso Garibaldi, un proiettore ed un vecchio lenzuolo, abbiamo permesso a diverse decine di studenti (armati di mascherina e green-pass) di vivere insieme le proprie lezioni seguendo tutti insieme la lezione trasmessa su Teams.
La cosa scandalosa è che ci siamo riusciti noi in 15 giorni e non chi di dovere in un anno e mezzo.

Questo movimento non sarebbe, a parer nostro, mai dovuto nascere. Il solo ritrovarci qui a scrivere questa lettera è già un segnale evidente del malfunzionamento di tutto il sistema.
Siamo stanchi di non essere presi in considerazione, stanchi che siano altri a decidere per noi, stanchi di essere sottovalutati ed etichettati come i “classici” giovani scansafatiche.

Per questo chiediamo che la situazione venga portata all’attenzione di tutti, e speriamo che questo nostro grido non cada nel vuoto, ma che venga accolto, ascoltato e diffuso.
Poiché l’università, che dà vita non solo a professionisti competenti ma anche i cittadini che andranno a formare la società del domani, è un luogo di confronto, di incontro, di scambio di idee, di crescita personale, e come tale dovrebbe essere vissuta.

Gli studenti e le studentesse dell’Università degli studi di Perugia.

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