di Marco Brunacci
PERUGIA – C’è una partita nella politica regionale che si gioca come fosse un teatro giapponese delle ombre, movimenti appena accennati, detto e non detto, noia apparente ma è pathos, sembra tutto chiaro ma il finale non è scontato.
La maggioranza, finora di centrosinistra, ma non c’è motivo perché il centro destra cambi metodo, ha sempre votato come Grandi elettori per il presidente della Repubblica, in conto della Regione Umbria, il presidente della giunta regionale e il presidente dell’Assemblea legislativa.
Questo significa che a gennaio andranno a Roma a votare per il successore di Mattarella, Donatella Tesei (indipendente ma in conto Lega, salviniana senza slanci eccessivi) e Marco Squarta (FdI, mister preferenza a Perugia, seimila e passa all’ultimo giro, meloniano senza se e senza ma). Sempre che la consuetudine venga rispettata.
A dir la verità le tentazioni all’interno del centrodestra sono tante, Tant’è che sono in molti ad aver letto la mossa di portare Lollobrigida, parente e longa manus della Meloni, in Umbria a minacciare sfraceli se Tesei non avesse rimpastato la giunta introducendo un FdI, fosse in realtà solo un mettere le mani avanti, un monito preciso: «Non facciamo scherzi», ci deve esser Squarta a Roma a votare il presidente della Repubblica.
E’ noto che a pensare male si fa peccato ma qualche volto ci si azzecca. E qui, dato che il monito di Lollobrigida è caduto fragorosamente nel vuoto e nessuno parla più di un assessore FdI, il pensiero va diritto alla Presidenza della Repubblica. Tesei ha archiviato in un fiat il rimpasto, eppure Meloni non può dormire sogni tranquilli. La Tesei ha pur sempre un vicepresidente come Morroni che Forza Italia gradirebbe a Roma a votare per Berlusconi se la candidatura va avanti.
Conclusione: ragionando su tensioni e intenzioni, ma anche reali possibilità, Squarta ha già il biglietto per partire per Roma, però vigili fino alla fine.
Se nel centrodestra si scrutano sospettosi a sinistra c’è chi si chiede perché debba votare per il portavoce dell’opposizione in assemblea legislativa, Paparelli, che comunque a tutt’oggi è largamente favorito e va considerato la prima scelta. Nel Pd tirano fuori contatti presunti del Paparelli con Calenda, nei mesi scorsi, altri sostengono che non è certamente da considerare un segnale di rinnovamento. Alla fine potrebbe saltar fuori il segretario regionale Bori o la neocapogruppo Simona Meloni. Al momento però Paparelli resta in testa ma quattro settimane sono un tempo lunghissimo e può succedere di tutto.


