Alert/Carlo Colaiacovo: «Qui è in gioco il futuro dell’industria del cemento non solo dello stabilimento di Gubbio ma c’è chi non capisce»

SPOTLIGHT di MARCO BRUNACCI | La tenaglia perfetta tra balzo in alto di costi energetici e disposizioni europee sul C02. «Subito una norma per riservare ai cementifici europei le opere pubbliche del Pnnr». Finisce in secondo piano la triste questione del Css, col sindaco di Gubbio che fa ricorso al Tar ma non chiede la sospensiva

di Marco Brunacci

PERUGIA – «A queste condizioni Colacem non è in grado di mantenere la produzione nello stabilimento di Gubbio. Ed è in realtà a rischio tutta l’industria italiana del cemento».

Il patriarca della famiglia di cementieri, da anni capofila dell’industria umbra, Carlo Colaiacovo, non è certo timoniere che si impressiona delle tempeste e non vuol fare l’incendiario in un periodo già così difficile, con scenari internazionali forieri di tante nuvole e altre nuvole ancora. Ma per questa crisi vede solo piccoli e stretti spiragli, da aprire prima di subito.
«Non sarà solo Gubbio, come le ho detto, ora è in gioco il futuro del cemento italiano. Mi creda, non è un deja vu, la novità è grande e grave. Quello che sta succedendo è sotto gli occhi di tutti: i costi dell’energia stanno diventando insostenibili, la guerra in Ucraina fa pensare che ci possano essere anche ulteriori aggravamenti della situazione. Le norme europee sul C02, stabilite in Europa, penalizzano le aziende italiane ed europee. Il nostro esempio? Noi abbiamo acquistato la quota di C02 in diverse tranche nel corso dell’anno passato a 28 euro e poi a 40, siamo arrivati a 70. Per l’anno passato ci sarà un aggravio di costi ma ancora ci si riesce a far fronte. Dovremo ora acquistare un’altra parte e la cifra è di 90 euro. E le prospettive sono per ulteriori aumenti».
C’è solo nero in questo orizzonte?
«Siamo a un bivio. Diversi ministri sono stati avvisati dal sottoscritto e dai vertici di Federbeton, in una serie di incontri la scorsa settimana, dei rischi che il nostro settore corre. Siamo stati chiarissimi: qui chiudiamo tutti se non passa una norma che permetta di usare soltanto cemento di aziende europee – quelle, che, per dirla in modo spiccio, devono pagare il C02 -, per realizzare le opere pubbliche del Pnrr. Questo soltanto permetterebbe, in questa fase tanto difficile, di continuare a produrre cemento in Italia. Altrimenti a tutti noi del settore converrebbe chiudere le fabbriche e puntare sui nostri terminali per far arrivare cemento da zone extraeuropee e vendere quel prodotto».
Questo per il livello nazionale. Ma l’autorizzazione a usare Css data dalla Regione Umbria, che ha provocato reazioni così pesanti da parte del sindaco di Gubbio, Stirati, non vi è utile?
«Qualche mese fa sarebbe stata importante. Oggi può essere un aiuto? Mah, in qualche modo sì, ma certo non basta in questa sorta di tempesta perfetta, che stiamo vivendo».
Voi vorreste per Gubbio, oltre al Css, anche il Cdr, quindi rifiuti di bassa qualità per fare il lavoro di termovalorizzazione per conto della Regione?
«Senta, noi vogliamo solo fare impresa. Con i criteri più corretti. Certo: siamo in grado di usare nella maniera più “green” possibile il Css. Magari la gente può rendersi conto che possiamo farlo anche con il Cdr. Però è necessario dare tempo alla gente di verificare, di prendere atto, di toccare con mano. Non andando dietro a pifferai interessati. Nel nostro stabilimento di Arezzo, con il governo della Toscana che è di sinistra, noi usiamo Css e Cdr. In questo modo è possibile ancora fare lavoro di impresa, creando almeno un minimo profitto. Noi stiamo usando in questo momento Arezzo, non Gubbio. Perché lo impone la logica economica più elementare. E sapendo comunque che il primo passo per evitare chiusure deve essere nazionale. Siamo a un punto di svolta, Non è più il tempo dei se e dei ma».
Per finire: a qualcuno servono un po’ di numeri? La situazione è questa (con tavolo già convocato dall’assessore regionale competente, Michele Fioroni): lo stabilimento eugubino è il più grande del gruppo e dà lavoro direttamente a 250 persone, ma ci gravitano altre imprese per i servizi per un complessivo tra le 600 e le 700 persone. Altre 70-80 potrebbero essere considerate in esubero nel centro direzionale (i colletti bianchi) al quale fa capo tutto il gruppo Colacem.
Di fronte a questo scenario, il resto diventa poco più che contorno scenografico, anche se molto triste. Il sindaco di Gubbio Stirati che presenta un ricorso al Tar contro la Regione, la quale applica una normativa nazionale, quella che consente di usare Css nei cementifici, ma, senza chiedere la sospensiva, come sempre si fa e si fa soprattutto quando si teme per la salute pubblica, quindi puntando a una lunghissima diatriba, mesi tra corsi e ricorsi, fa pensare a molti osservatori distaccati che l’obiettivo sia nella sostanza politico. Sbagliano gli osservatori? Mah.
Se poi fosse vera – ma magari è solo una delle tante chiacchiere al vento, lo diranno in maniera autorevole gli interessati – una riunione di una delegazione dell’amministrazione comunale eugubina con il segretario regionale del Pd, Bori, il fine politico potrebbe apparire ancora più evidente. Niente di male, ovviamente, intendiamoci, solo che sarebbe magari un po’ deprimente. Depressione su depressione, in uno scenario già così difficile.

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