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L’Umbria rischia lo sciopero degli autobus per tagli che non ci sono

SPOTLIGHT DI MARCO BRUNACCI | Una piccola operazione, poco più che di manicure, della Regione, indispensabile per i conti del trasporto pubblico, scatena reazioni di difesa di vecchi privilegi. Un brutto remake di un film anni Cinquanta

Un autobus (foto Settonce ©RIPRODUZIONE RISERVATA)
di Marco Brunacci

Sembra un remake di un film anni Cinquanta. Nei trasporti pubblici, per qualche motivo che sfugge, resiste la categoria degli “autoferrotranvieri”, considerata nel Dopoguerra così decisiva per il vivere comune che poteva avere privilegi e trattamenti di favore.

Nel corso dei decenni si è man mano capito che nessun settore poteva essere considerato un pozzo senza fondo per la pubblica amministrazione. E anche qui restano i formidabili interventi dello Stato, ma un limite è stato posto.
Questa lunga premessa per dire che l’Umbria, stando a una nota sindacale della categoria, potrebbe rimanere senza autobus per uno sciopero degli “autoferrotranvieri”.

Motivo? Se si legge il comunicato sindacale, anche se con attenzione, non è facile capire. Proviamo: si indica la questione del cosiddetto tagli ai servizi deciso dalla Regione. Il taglio in realtà è un lavoro di manicure – incide per 3 milioni su una spesa di 126 -, su corse che transitano per lo più completamente vuote e che comunque sono un’operazione impostata dalla vecchia giunta regionale, dopo confronto col sindacato, e che la nuova cerca di portare a conclusione, vista la necessità di dare un po’ di ossigeno ai conti.
Il trasporto pubblico umbro costa allo Stato italiano 100 milioni l’anno. Ma non bastano: bisogna aggiungere altri 26 milioni. Per dare una misura di paragone: l’aeroporto costa alla Regione 5 milioni. Il collegamento veloce con Milano su treno 2,5 milioni.
Fare un’opera – diciamo – di razionalizzazione è più di una questione di doverosa razionalizzazione. Ma una forma di rispetto per i cittadini contribuenti.

Basta dire ancora che la Regione ha dovuto aggiungere 8 milioni nell’assestamento di bilancio per far tornare i conti del trasporto pubblico.

Tenendo presente quindi che la storia dei tagli è impresentabile come motivo di sciopero (i tagli sono semmai troppo pochi, bisognerebbe introdurre il servizio a chiamata in molte tratte per evitare che i bus vaghino semivuoti per le strade della regione). E allora, leggendo meglio, si scopre che il personale sta pagando un prezzo a questa (minima) opera di razionalizzazione. Quale? Alcuni autisti sarebbero costretti a cambiare deposito di partenza. Se un numero di persone comunque molto limitato deve fare qualche altrettanto limitato  spostamento è possibile giustificare uno sciopero che – questo sì – è un grave problema per i cittadini-utenti che si dice di voler difendere? 

Mah, forse siamo di fronte a un brutto remake di un film anni Cinquanta,

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