in , ,

I gioielli di Perugia/2 Quando la Regina Elisabetta si inchinò al capolavoro che non poteva comprare e von Karajan stupì per l’acustica

SPOTLIGHT di MARCO BRUNACCI | Il complesso di San Pietro, in Borgo XX Giugno, massimo impegno di Fondazione Agraria, è uno scrigno irripetibile: dal Perugino alla gigantesca vela di nave dipinta da Vassilakis che nasconde lo sguardo del Demonio

di Marco Brunacci

PERUGIA – Raccontano che una mattina di primavera di fine Novecento, sul pavimento sconnesso da mille anni di storia, nella penombra dell’Abbazia, arrivò la Regina Elisabetta. A riceverla, padre Martino Siciliani, sì, proprio lui, “frate terremoto”, custode delle tradizioni e dei segreti. La vide rapita da quel film di dipinti che ti scorre negli occhi appena messo piede oltre il transetto, ma la condusse rapidamente in fondo alla navata, e annunciò: «Ecco un’opera d’arte che neanche lei può permettersi di comprare». Spalancò le imposte di legno e allungò il braccio verso il minuscolo ballatoio. Davanti alla Regina la lama di luce divenne spiraglio e poi bagliore: la collina si apriva, come un irripetibile set, e degradava fino al fondo della valle per risalire, olivi e querce, in faccia ad Assisi. «L’opera di nostro Signore», così stupì la Regina il fiero benedettino.

Se oggi girate lo sguardo sul muro del ballatoio, custodita come una reliquia, c’è la firma autografa sul muro di Giosuè Carducci.
E questo è uno. Ma venne il giorno delle prove di un direttore d’orchestra celebre già in tutto il mondo – succedeva quando Perugia era capitale – e che stava per diventare l’icona della musica del suo tempo: Herbert von Karajan. Il maestro, al solito severo con i suoi Berliner, li schierò davanti all’altare, in un difficile pomeriggio di spifferi e tramontana, gelido lascito degli etruschi.
Gli accordi, i suoni, le armonie. La bacchetta che si alza. Il primo movimento, sommesso, poi alto, infine travolgente. Al termine della prova von Karajan si rimette il grande cappotto asburgico e non lascia l’Abbazia prima di aver detto ai custodi benedettini: «L’acustica di questa chiesa è la migliore del mondo».
Basta aneddoti, qualche informazione: quando si dice che l’Abbazia di San Pietro, in fondo al Borgo Bello, in faccia ai Giardini del Frontone, tra l’acciottolato dei chiostri e un orto medievale sospeso nel tempo, è uno scrigno irripetibile di gioielli, e quindi anche la principale preoccupazione della Fondazione Agraria che ce l’ha in custodia, si racconta una realtà che meriterebbe da tutta Perugia e dall’Umbria maggiore attenzione.

Va ricordato che qui c’è il più straordinario catalogo di opere, secondo solo a quello della Galleria Nazionale. E i francesi si sono portati via l’Ascensione del Perugino e non hanno tutta questa voglia di farla rivedere neanche per la Grande Mostra che si sta per inaugurare.
Ma restano Sassoferrato, Guercino, Guido Reni, e anche Caravaggio e Raffaele. E Vasari. Ma anche un altro Perugino, in Sacrestia e uno nella navata. Non basterebbe per farne una meta di devozione e pellegrinaggio artistico?
Vittorio Sgarbi ha intravisto in un piccolo lavoro, appeso al termine del muro, sotto una piccola inferriata, la mano di Michelangelo. Vacci a discutere con i critici d’arte star.
Ma è Vassilakis da Milo, l’Aliense, a stupire: 90 metri quadri di vela di una nave, dipinta a Venezia, trasportata in nave fino a Fano, poi con carri e cavalli e tanta pazienza, issata su queste mura: è l’Apoteosi dell’Ordine dei benedettini, 300 personaggi, all’epoca riconoscibili come in una gigantesca foto di famiglia, disegnati con moderna e sorprendente agilità nel tratto, alla fine del Cinquecento. Ma attenzione: qui l’abilità è nello scorgere, ritratto, lo sguardo del Demonio. Un cupo monito teologico del pittore greco o una celata azione di “intelligenza” col Nemico? Guardate e scoprite. Attenti, però: non è facile perchè serve più luce.

«Sì, è vero. Ci stiamo impegnando, abbiamo fissato un programma – spiega il vicepresidente operativo della Fondazione Agraria, Antonio Bartolini – E’ necessaria la collaborazione di tutti per fare del San Pietro perugino un luogo che può essere goduto dai visitatori. Abbiamo appena terminato l’intervento di illuminazione della navata. Per la vela di Vassilakis è necessario un nuovo sforzo. Andrebbe anche restaurata, ma non ci sono ancora le risorse».
E per non far morire di freddo un eventuale prossimo von Karajan che volesse esibirsi qui? «Servono 70mila euro per la caldaia. Ci stiamo pensando, prima però la priorità sono le opere d’arte».
Avere uno scrigno di questo genere è o non è una grande responsabilità? La Fondazione Agraria, nobile e antica signora ma con uno spiccato senso per l’innovazione, capace di ricerca e business, sarà all’altezza. Ma non sarebbe il caso che ci sia più attenzione da parte di tanti, da parte di tutti, nella Perugia che vuol tornare capitale?

Presentazione Concorso Alessandra Gasperini-Giuseppe Cellini

Un concorso di packaging sostenibile ricordare l’imprenditore Antonio Gasperini

Il Gonfalone di Terni ha una storia affascinante