DI MARCO BRUNACCI
PERUGIA – Tutto quello che avreste voluto sapere sull’ultima assemblea regionale del Pd e non avete mai osato chiedere. Allora, i dati di fatto.
Il giovane segretario Tommaso Bori resta in sella e non è poco. Dentro il partito, il confronto è sempre vivace. Qualche sereno litigio ha sempre aiutato il Pd a funzionare. Se non diventa tempesta, si sta meglio insieme. I contras non hanno sfondato. Anche se la Ascani è stata tanto, ma tanto acida con la segreteria umbra.
Certo, per dirla tutta, Bori reggerà il papato prossimo venturo nel Pd già col nome di Tommaso II. Lui ha iniziato lancia in resta la battaglia per il rinnovamento, ci tiene ancora a farlo, ma deve la sua odierna serenità ai vecchi del partito che comunque lo preferiscono a Verini&C.
Tommaso II deve molto anche alla sua alleata Simona Meloni, capogruppo Pd in Regione, che ha chiesto “unità ma non unanimismo”. Ha detto che si deve discutere anche a brutto muso ma “poi c’è la necessità di fare la sintesi”. Ha detto che serve un “partito dell’Umbria”, con le sensibilità che ci stanno. E – si immagina – con tutti i tiramenti che ogni membro periodicamente ha.
Meloni è stato il primo intervento ed è di rilievo. Perchè alla fine il richiamo al “basta tempeste” è stato quello che ha salvato capre e cavoli. E a volerne ce n’è sia di capre che di cavoli.
Di Ascani abbiamo detto, di Verini lo lasciamo immaginare (la rottura tra lui e Bori è stata profonda quando si è trattato di ricandidarlo per il numero ics di volte e c’è stata la porta sbarrata in Umbria), merita attenzione Marina Sereni che nel Pd è come la regina Nefertiti nell’antico Egitto. Politicamente longeva come pochi e ascoltatissima e tremendamente tosta per i suoi avversari.
Tira alto sulla segreteria quando dice che il Pd umbro sta andando molto male, ma non c’è altra strada – aggiunge subito dopo – che dare una mano a ricostruire. Si rimette in movimento convocando per il 4 agosto un tavolo sulla sanità (lei è responsabile del settore per la segreteria nazionale). Non nasconde perplessità, ma non annega nel Nilo l’esperienza Bori. Come invece avrebbero fatto molto volentieri i ternani presenti e assenti.
Il caso Terni è da studiare. Il giovane Bori aveva tutte le ragioni più una. La incomprensibile mancata alleanza tra Pd e M5s è il motivo tecnico per cui Bandecchi è diventato un fenomeno. Il segretario regionale ha provato in ogni maniera ma non è riuscito. E dite voi se questo non basta per fare Bori santo subito.
Ma il Pd ternano è come la steppa russa per Napoleone. Ti fanno avanzare, fanno finta di fare qualche autocritica, poi ti chiudono a tenaglia. Ti ritrovi accerchiato. Devi trattare.
Devono ancora inventare i droni capaci di far breccia nel bunker Raffaelli-Spinelli, con Paparelli a sostegno. Di espugnarlo neanche se ne parla.
Un punto però la segreteria regionale l’ha messo a segno, attraverso i suoi alleati del fronte moderato: il più votato del Pd ternano, Francesco Filipponi, ha definitivamente lasciato i lidi paparelliani. E’ probabilmente pronto per essere il candidato per le regionali, anche se deve superare la concorrenza della famiglia Lattanzi da Guardea (padre e figlio) ed eventuali colpi di coda dal bunker.
A proposito: anche a Perugia inizia la corsa per le candidature regionali. Sicura Sarah Bistocchi. Tommaso Bori e Simona Meloni come ovvio. Per il resto tanta suspense.


