AL.MIN.
PERUGIA – Una intera nazione in ginocchio. Le immagini drammatiche provenienti dalla zona di Marrakech hanno fatto il giro del mondo e hanno colpito nel profondo il cuore degli umbri, facendo riemergere i ricordi più dolorosi dovuti alla violenza dei sismi che nel corso degli anni si sono susseguiti nel territorio regionale. Per capire meglio la natura delle terribili scosse che hanno sconvolto la regione marocchina dell’Atlante, Umbria7 ha sentito uno dei maggiori esperti in materia di terremoti, il geologo Michele Arcaleni dell’osservatorio “A. Bina” di Perugia.
«I sismografi dell’Osservatorio Sismico “A. Bina” – dice Arcaleni – hanno registrato in modo distinto le scosse più forti che hanno pesantemente colpito il Marocco, in particolare quella più forte, avvenuta alle ore 00 e 11 minuti (ora locale italiana) del 9 settembre. I dati acquisiti dalle stazioni poste in Umbria hanno contribuito all’Ingv, insieme a tante altre stazioni del territorio italiano, ad avere una stima di alcuni parametri sismici, quali, ad esempio, la magnitudo di 6.8 gradi Richter».
Come spiega l’esperto, è del tutto naturale «che una scossa così forte e relativamente vicina all’Italia, venga registrata a livello strumentale in modo molto netto da tutti i sismografi professionali posti nel territorio nazionale. Tuttavia, dall’analisi delle registrazioni accelerometriche provenienti dagli accelerometri della rete Re.Si.R. gestita dall’Osservatorio Bina per conto della Regione Umbria, è possibile affermare che l’accelerazione subita dagli edifici in Italia Centrale risulta veramente molto bassa e sotto la soglia di percezione umana oltre che sotto la soglia di interesse ingegneristico».

A livello geologico, precisa Arcaleni, il terremoto del Marocco «è legato alla formazione della catena dell’Atlante, le montagne che separano il deserto del Sahara dall’Oceano Atlantico. Il campo di stress che ha originato l’evento è compressivo e legato a strutture terroniche compressive o transpressive cioè con una componente sia compressiva che trascorrente. La zona epicentrale si colloca ad oltre 400 km a sud del limite tra la placca Africana e quella Europea e quindi la crisi sismica non si trova in corrispondenza del margine tra queste due placche ma si configura come una sismicità intraplacca. Anche se la zona coinvolta si trova lontana dal margine, il campo di stress che ha generato l’evento è legato comunque alla convergenza della placca Africana verso quella Europea. La zona dell’Atlante anche in passato ha dato origine a forti terremoti, come quello del 1960 che fece migliaia di vittime».
In linea di massima, aggiunge l’esperto, il terremoto del Marocco «non è dissimile dai nostri terremoti Il terremoto di Norcia 2016, di origine distensiva, ha avuto una magnitudo di circa 6.5, quindi di poco inferiore rispetto a quella del Marocco. La differenza sostanziale tra l’Italia Centrale ed il Marocco è relativa alla qualità degli edifici ed al modo di costruire. Basti pensare che il terremoto di Norcia non ha causato nessuna vittima in Umbria mentre in Marocco, purtroppo, la scarsa qualità degli edifici e l’assenza di una normativa specifica e severa come quella attuata in Italia (NTC 17/01/2018) ha provocato migliaia di vittime».
L’Umbria, ricorda Arcaleni, attraverso studi e ricerche promosse dalla Regione, come le microzonazioni sismiche che hanno coperto gran parte del territorio, è «all’avanguardia nella prevenzione dal rischio sismico. Il cammino intrapreso a livello politico e scientifico in Umbria, ha permesso di salvare molte vite umane. Il segreto per combattere il terremoto e vincerlo sta nell’applicare le conoscenze scientifiche e, senza remore, applicare le normative attuali sulle costruzioni in zona sismica».