di Marco Brunacci
PERUGIA – Che Umbria fa? La regione è in mezzo a un guado pieno di insidie, ma una scialuppa per portarla sull’altra riva c’è. Si chiama Pnrr (3,5 miliardi e mezzo complessivi, 1,8 mld già arrivati e nelle tasche degli enti territoriali dell’Umbria, segno che c’è stata una programmazione e si è già giocata questa carta come un bel jolly, in funzione anticiclica. Nel momento in cui il buio si addensa su famiglie e imprese, ecco lo spiraglio di luce. Basterà?
Allora: che lezioni trarre dal Rapporto sull’economia umbra di Bankitalia. Prima i fatti, poi le prospettive.
I fatti.
1.Il primo semestre del 2023 è andato bene. Il Pil è cresciuto dell’1,3%. Ma ci sono già evidenti segni di “forte” rallentamento dell’economia. Non è solo Umbria ma è anche l’Umbria. E la situazione internazionale si mostra cupa, sempre più cupa. Ma anche qui un raggio di sole si scorge: Bankitalia non si esprime, ma Aur dice che il secondo semestre farà segnare un 1% di aumento, più o meno come nel Nord. Sarebbe una gran cosa.
2.L’occupazione è al 65%, 5 punti in più della media nazionale. Non fosse che i lavoratori qui sono pagati così poco, sarebbe un dato da accogliere con festeggiamenti.
3.Il clima di fiducia delle famiglie è da attesa dell’uragano. C’è un brusco rallentamento dei consumi. Ma se gli umbri spendono di meno, tornano buoni i flussi turistici, sia italiani che stranieri, che compensano il calo.
4.L’inflazione è più alta (5.9%) della media nazionale (+0,3). Perugia su tutti. Un dato da spiegare.
5.La redditività delle imprese è migliorata in maniera sensibile, ma questo non ha avuto ripercussioni sulla dinamica salariale: niente aumenti per i dipendenti. E degli operai si sa, ma secondo Banca Intesa, non si trovano più dirigenti disposti a lavorare in Umbria perché pagati poco (conterà il fatto che ci sono troppe microimprese, ma anche quelle medie e grandi non danno il buon esempio).
6.Le aziende hanno liquidità, in questo momento, ma la usano per investimenti finanziari non nella produzione.
7.I tassi di interesse alti frenano, per non dire che quasi stoppano, gli investimenti delle famiglie.
8.Nonostante questo il ciclo dell’edilizia, che qui è da sempre la rondine che fa primavera, non è ripiegata su stessa. Il motivo? Il Pnrr. Perchè a tutto ottobre gli Enti pubblici stanno già spendendo parte di quello che è arrivato e tengono viva la domanda, nonostante la fine dei bonus.
Ora le prospettive.
1.Si punta tutto sul Pnrr. Da qui al 2026 (e fino al 2027) si potranno spendere 3,5 miliardi. Tanto, tantissimo per la piccola Umbria. Questi sono soldi frutto di una scelta programmata e perseguita con costanza e determinazione. Ora si tratta di non vanificare lo sforzo fatto finora e invece portare all’incasso l’irripetibile opportunità. Insieme al Pnrr ci sono altri Fondi europei da spendere. Da qui si passa per forza. Quando Bankitalia parla di “sfida” è perché c’è questa scialuppa (ma che scialuppa) che galleggia sul mare in tempesta.
2.L’allarme inflazione sta rientrando per via del calo se non il crollo dei consumi delle famiglie (bilanciato, come detto, in parte dai molti turisti arrivati in Umbria), ma la questione dei salari è decisiva: gli imprenditori umbri devono mettere più soldi nelle aziende e alzare le retribuzioni. Lo ha detto chiaro e tondo la presidente Tesei all’assemblea di Confindustria. Se gli imprenditori capiscono che lo stanno facendo anche per loro, già si fa un passo in avanti.
3.C’è infine – ed è sempre utile – la consapevolezza che il momento è cruciale, tra lo scivolare indietro oppure difendersi per ripartire. Indovinate usando cosa? Il Pnrr.