TERNI – Diciannove persone sono state arrestate questa mattina all’alba con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso e traffico di sostanze stupefacenti nell’ambito di un’operazione denominata “Lampetra”.
Il blitz dei carabinieri è scattato a Scilla, Sinopoli, Sant’Eufemia d’Aspromonte e nelle province di Messina, Milano, Roma e Terni al termine delle indagini coordinate della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. I militari dell’Arma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dell’aggiunto Gaetano Paci. Quindici persone sono finite in carcere e 4 ai domiciliari.
Gli indagati sono accusati di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata alla produzione e al traffico di stupefacenti, detenzione illegale di armi e tentato omicidio. Tra i destinatari dei provvedimenti anche Italo Flaviano Cacciola, 31 anni, romano residente a Scilla e attualmente domiciliato alla Comunità Incontro di Amelia per un percorso terapeutico.
Il sodalizio, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, aveva un’importante capacità di importazione, e produzione nel caso della marijuana, di droga destinata anche fuori dalla Calabria. Un sodalizio che voleva imporsi con la forza sul territorio anche attraverso atti intimidatori a colpi di mitragliatore.
Il provvedimento è scaturito a conclusione dell’indagine condotta dal reparto operativo del comando provinciale di Reggio Calabria con il concorso della compagnia di Villa San Giovanni – avviata nel 2019 e conclusasi nei primi mesi del 2021, diretta dai sostituti procuratori Dda Walter Ignazitto e Paola D’Ambrosio, che ha consentito di acclarare «la radicata e attuale operatività della cosca Nasone-Gaietti che – spiegano gli inquirenti – risulta essere una struttura mafiosa pienamente organica alla ‘ndrangheta unitaria ed operante nel territorio di Scilla e nelle aree limitrofe».
Le indagini, basate su intercettazione telefoniche, ambientali e telematiche, hanno dimostrato la forza del gruppo criminale nel settore del narcotraffico, «attraverso una autonoma capacità produttiva di marijuana e consolidati canali approvvigionativi per la cocaina nelle aree urbane di Scilla, Bagnara e Villa San Giovanni».
Ruolo centrale sarebbe stato svolto da Carmelo Cimarosa, nipote di Angelo Carina che avrebbe indicato anche altri ambiti di business oltre all’obiettivo di «controllare alcuni settori particolarmente delicati dell’economia scillese: basti pensare all’interesse dimostrato per le assegnazioni delle concessioni degli stabilimenti balneari».
Dalle intercettazioni sarebbe emersa il rilievo di Carmelo Cimarosa che «in nome e per conto del sodalizio, della gestione di un vasto traffico di sostanza stupefacente, il cui flusso di rifornimento era garantito da una stretta cointeressenza con Antonio Alvaro, Francesco Laurendi e Enzo Violi, colpiti anch’essi dalla misura cautelare, e la cui distribuzione al dettaglio era curata da un collettivo di spacciatori a carico dei quali sono state censite 52 cessioni a riprova dell’ingente volume di traffico e di quantità di sostanza stupefacente gestito dal sodalizio».
Le indagini hanno permesso di verificare che la squadra di pusher, capitanati da Cimarosa, era «in grado di realizzare una capillare rete di spaccio nel territorio di Scilla e Bagnara Calabra, tenendo una sia pure rudimentale contabilità dei rispettivi rapporti di dare/avere, scambiandosi consigli ed ammonimenti per scongiurare il rischio di essere intercettati, dedicandosi alla coltivazione della canapa indiana, per dotare l’organizzazione di stupefacente fatto in casa e così incrementare i comuni guadagni, progettando inoltre l’espansione in altre regioni del nord Italia per l’esponenziale incremento del giro d’affari criminale e dei connessi margini di profitto e fidelizzando un altissimo numero di clienti che Cimarosa quantificava in ben 400, tra i comuni di Scilla e Bagnara Calabra».