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Tanti i casi, ma non sono gravi: per ora l’Umbria tiene a livello di guardia il virus. Sono 81 i sanitari non vaccinati: per alcuni stipendio a rischio

POLE POLITIK di MARCO BRUNACCI | La Regione ha scelto di vaccinare le fasce di età a rischio (dove è prima in Italia, anche come seconde dosi) e la strategia paga (la zona bianca è garantita), ma i giovani sono rimasti indietro. Le Asl in campo con i propri dipendenti. Restano tanti i no-vax, ni-vax e boh-vax

di Marco Brunacci

PERUGIA – L’Umbria ha una incidenza di casi elevata, superiore alla media nazionale, ma una ospedalizzazione molto limitata e comunque inferiore alla media italiana, con le terapie intensive che al momento sono comunque quasi vuote, nonostante il nuovo caso di ieri che porta a due i ricoveri, su 127 posti disponibili, ma con la possibilità di arrivare anche a 160.
Come si sa il criterio di Agenas, per passare dalla zona bianca a quella gialla, proprio di questo parla: casi di ospedalizzazione in generale, e nello specifico delle terapie intensive, non casi in sé.

Quindi: se sono molti gli umbri che hanno contratto – relativamente alla popolazione – il virus, sono anche molto pochi coloro che hanno avuto problemi per il virus.
Per altro la fotografia che diamo nel grafico è evidente: sono soprattutto giovani gli infettati e quindi non ne hanno conseguenze o ne hanno solo di assai limitate. Il solito problema dell’Umbria è però questo: i ragazzi tornano dalle vacanze e infettano genitori e nonni.
In questo caso si tratta (9 su 10) di persone che non si sono vaccinati o hanno avuto solo la prima dose. Cosniderando che l’Umbria è in testa a livello naizonale per seconde dosi di vaccini agli over 60 si spiega come la quota di terapie intensive, o comunque di casi di una qualche gravità, sia molto limitata. Con la prospettiva che l’UMbria resti in zona bianca per molto tempo ancoras (sempre che il quadro non muti radicalmente, visto come colpisce questo virus di fatto ancora sconosciuto)
La scelta umbra ha premiato, avendo puntato sulla immunizzazione degli over 60 (va considerato che in Umbria non ci sono decessi da settimane). Ma, come ovvio, per stare dietro alla strategia di mettere al riparo le fasce di età più a rischio si è lasciato – giocoforza – i giovani indietro. Il resto lo hanno fatto – ahinoi – i no vax, insieme ai ni vax o ai boh vax, che comunque in Umbria sono una quota di rilievo statistico.
Non è un caso che le due Asl stanno correndo ai ripari (Terni ha deciso di sanzionare dal 16 agosto con una sospensione dello stipendio, 7 tra infermieri e oss che non hanno adempiuto alla chiamata vaccinale). Complessivamente sono 81 i rappresentanti del personale sanitario che non hanno voluto vaccinarsi.
Ora si tratterà di evitare che costoro facciano danni, spostandoli i mansioni che non consentano loro di contribuire alla propagazione dell’infezione. In casi estremi si può ricorrere, come intende fare Terni, alla sospensione dello stipendio.
Come tutti coloro che si occupano di statistiche segnalano, c’è ancora la possibilità di un innalzamento della curva del contagio con possibili ricadute negative sulle ospedalizzazioni, legato al rientro dalle vacanze dei più giovani.
Va qui sottolineato come un’altra statistica indichi comunque l’Umbria come la regione che ha vaccinato di più non solo gli over 60 ma anche la fascia 50-60. Complessivamente ha fatto meglio solo la Puglia, mentre l’Umbria è allo stesso livello della Lombardia e del Lazio. Tutte le altre regioni hanno fatto peggio.
Purtroppo, dopo i 12 mila vaccini arrivati in Umbria per tre giorni di fila, ad inizio agosto, si è tornati ai 7-8 mila che spettano a una regione piccola.
D’altra parte non si poteva non pagare pegno dopo tutte le vicissitudine capitate in questa campagna vaccinale, dal caso Astrazeneca al Curevac mai arrivato ed alla gestione emozionale di ogni inevitabile caso negativo che c’è stato.
Resta da dire che nell’ultimo giorno rilevato sono stati 7.435 i vaccini inoculati con un 94,2% dell’utilizzo. Il 36,6% della fascia più giovane (12-19) ha ricevuto la prima dose. Segno che anche qui c’è un’accelerazione, ma che i casi comunque sono destinati a salire, magari, si spera, senza incidenza ospedaliera.

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