La cascata delle Marmore in uno scatto di @mena.bennington su Instagram
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L’ascensore sulle Cascate delle Marmore? Stava per farlo Renzo Piano 44 anni fa. Ma ora è vicina la svolta: pronto un protocollo, si attende l’ultima accelerazione

SPOTLIGHT di MARCO BRUNACCI | «Era tutto pronto, accordo fatto, l’archistar che accettava un compenso minimo, il disciplinare solo da firmare, ma il sindaco Porazzini congelò il progetto», racconta il vicesindaco del 1988 Mario Todini. Oggi invece a un passo l’intesa tra Comune di Terni, Regione e Fondazione Carit

di Marco Brunacci

PERUGIA – Correva l’anno 1988. All’allora vicesindaco Mario Todini, con delega all’ambiente, venne l’idea di sprovincializzare l’area della Cascata delle Marmore e farla diventare l’attrazione che merita di essere, quindi nazionale e internazionale, grazie a un progetto che aveva due capisaldi (anzi 3): un ascensore che facesse ragione – racconta Todini stesso – «di tutte quelle orribili costruzioni che ospitavano negozi di gadget». E il coinvolgimento dello stabilimento di Papigno «per creare strutture ricettive così da valorizzare la Valnerina, le strutture ricettive e i suoi prodotti», spiega ancora Todini.
Il terzo caposaldo? L’autore del progetto doveva essere un personaggio assunto oggi nel Pantheon delle archistar dell’universo mondo, ma che già all’epoca era considerato il genio nascente dell’architettura italiana e internazionale.

Saltiamo i passaggi per andare direttamente al finale: sapete di cosa si sta discutendo tra Comune di Terni e Regione, dentro il Comune di Terni, tra amministrazioni varie, in questo Anno Domini 2022 (44 anni dopo la prima proposta Todini)? Della realizzazione di un ascensore sulla Cascata delle Marmore per renderla un’attrazione degna della sua bellezza e come straordinario veicolo turistico da usare per Terni e per tutta l’Umbria – scritto e ripetuto da Umbria 7 tante volte negli ultimi mesi.
Ma stavolta forse si è vicini alla svolta: il Comune di Terni sarebbe pronto a siglare un protocollo d’intesa con Regione e Fondazione Cassa di risparmio di Terni per dare il via libera al progetto.
E ci sono tutte le premesse per evitare gli errori del passato. Potrebbe essere davvero la volta buona, con un risultato importante per l’attuale amministrazione, da raggiungere nei tempi giusti.
Ma merita comunque un corposo flashback la storia di quel lontano 1988, perchè da lì si scopre che l’archistar Renzo Piano era felice del progetto e lo vedeva come una possibilità speciale. Il grande Renzo Piano sì, evidentemente non anche gli amministratori di Terni.
Racconta Todini: «Avevo avuto questa idea guardando come era utilizzata l’area delle Cascate delle Marmore e avevo bene in mente le occasioni che potevamo creare alla città e alla Valnerina. Volevo che quel progetto fosse interpretato da un professionista di punta e mi venne in mente Renzo Piano, che in quel periodo riceveva premi e riconoscimenti in tutto il mondo. Subito qualcuno mi disse che stavo pensando troppo in grande, io ero sempre più convinto che “per affogarsi ci vuole il mare”. E allora contattai Renzo Piano. Fu gentilissimo, Ci incontrammo a Genova, con me venne l’assessore regionale Giampaolo Fatale. Portammo una documentazione accurata di tutta l’area delle Cascate, grazie anche all’aiuto di un pilota di Foligno».
Che successe? «L’incontro con Renzo Piano è stato un momento della mia vita professionale che non dimenticherò. L’architetto, dopo aver visto la documentazione e averci ascoltato, disse che avrebbe accettato di buon grado l’incarico. E spiegò: dopo aver progettato volumi per tanti anni, ora posso confrontarmi con gli spazi, con la natura. Capì subito la prospettiva che si apriva. Per questo motivo ci chiese soltanto un rimborso spese di 200 milioni di lire (circa 100.000 euro) che la Regione avrebbe potuto finanziare. Io aggiunsi di voler mettere a sua disposizione a Terni una Factory di giovani architetti che lui avrebbe coordinato e controllato ogni 2 settimane, assegnando i lavori fino alla fine del progetto, così che a Terni ed ai nostri giovani professionisti restasse l’humus che questa esperienza poteva trasmettere. Rispose con entusiasmo».
Ma quell’entusiasmo, quella prospettiva che si apriva, fu gelata dal sindaco Porrazzini, che accolse la comunicazione con particolare freddezza. «Capisco – dice Todini – che queste cose erano enormi per un minimalista come il sindaco Porrazzini. Ma lui mi disse che sarebbe stato più appropriato passare tutta la pratica, compreso il disciplinare che avevamo approntato, all’assessore all’urbanistica, per la firma di approvazione».
Indovinate come finì. «In quell’occasione fui ingenuo. Il mio lavoro? Tutto vanificato, il disciplinare scomparso. A questo punto scrissi un articolo di fuoco, accusando il sindaco Porrazzini di immobilismo, sabotaggio del mio progetto, mancanza di idee per la città, antagonismo tipico degli incapaci. Seguì una crisi della Giunta. Il Pci chiese le mie dimissioni, io risposi che si sarebbero dovuti loro dimettere per condotta vergognosa contro la città. Il segretario Psi mi difese: “Todini non si tocca”. Ma la crisi di Giunta andò avanti per oltre un mese, ed io dovetti chiamare Renzo Piano per informarlo dell’accaduto».
Cosa rispose Piano? «Che era dispiaciuto. Poi aggiunse che doveva partire per il progetto di recupero delle antiche mura di Rodi. In tempi successivi ho poi saputo che il Pci aveva incaricato un proprio tecnico di fiducia di ricontattare Renzo Piano, ma – mi dicono – non riuscì neanche a parlarci. Un collaboratore gli avrebbe comunicato che l’architetto non era più interessato».
Conclusione: la storia, per una volta, insegnerà qualcosa? E ci sarà l’accelerazione che la città si attende?

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