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Mettono in vendita reperti archeologici ma senza certificazioni: il Tpc consegna il tutto al Manu di Perugia

Oggetti bronzei, ceramici, vitrei, oreficerie, ornamenti personali in pietre dure e pasta vitrea risalenti a un periodo tra il decimo secolo a.C. e il secondo d.C.

PERUGIA – Restituito al Manu di Perugia, diretto da Maria Angela Turchetti, grazie a un’indagine dei carabinieri del nucleo Tutela del patrimonio culturale locale, un cospicuo numero di manufatti archeologici di particolare interesse e valenza culturale.

L’individuazione e il sequestro degli oggetti, che costituivano una “modesta” ma interessante collezione privata, risale all’anno 2016, ed è avvenuto nel corso di un accertamento effettuato nei riguardi di due privati collezionisti perugini che ne stavano tentando la vendita all’incanto. I carabinieri, nell’approfondire una segnalazione della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio dell’Umbria, sono però riusciti a sequestrare i beni e a fermare la vendita degli oggetti in quanto i soggetti non avevano le necessarie documentazioni e autorizzazioni del caso.
Nel corso degli approfondimenti investigativi è stato accertato che una coppia di fratelli, per ottenere l’autorizzazione alla vendita, avevano comunicato alla Soprintendenza il possesso di alcuni oggetti d’archeologia ricevuti quale lascito ereditario dal padre, senza però portare a conforto delle loro dichiarazione alcuna valida certificazione. Nello specifico, la norma prevede che per avere lecitamente titolo al possesso di questa particolare tipologia di beni culturali, il detentore deve provarne la provenienza lecita, ad esempio con documenti attestanti la compravendita avvenuta nell’ambito dell’attività di settore. Dimostrarne cioè, in modo inequivocabile, il possesso riconducibile a data antecedente al 1909 (in riferimento alle legge 20 giugno 1909 n.364, con la quale veniva ricondotta alla esclusiva proprietà dello Stato di tutte le testimonianze storiche rinvenute, a qualsiasi titolo, nel sottosuolo e nei fondali marini).
La particolare rilevanza storica dei manufatti, è stata evidenziata anche dai funzionari archeologi incaricati di visionare e valutare l’eterogeneo nucleo di reperti, costituito da oggetti bronzei, ceramici, vitrei, oreficerie, ornamenti personali in pietre dure e pasta vitrea, la cui produzione è stata collocata in un arco cronologico compreso tra il decimo secolo a.C. e la prime età imperiale (I secolo a.C. – II secolo d.C.). Per quanto riguarda l’area geografica di riferimento, dalla composizione dei materiali e dai criteri di realizzazione e raffigurazione, la produzione è stata riferita ad ambiti italico, etrusco e romano. Il valore economico complessivo, che prescinde in modo sostanziale da quello storico-artistico riferito alla natura di “testimonianza culturale”, è stato quantificato in circa 15.000 euro.

Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) di Perugia

Attraverso il monitoraggio del commercio, svolto dai carabinieri del Tpc in stretta collaborazione con i funzionari delle Soprintendenze quali organi periferici territoriali del Ministero della cultura, è molto frequente imbattersi in beni d’arte di appartenenza o provenienza pubblica che, spesso, si scopre essere oggetto di sottrazione o impossessamento illeciti, se non addirittura frutto di ricettazione, come nel caso dei reperti archeologici scavati illecitamente (o anche solo fortuitamente rinvenuti e non denunciati alle autorità competenti) che finiscono nel giro del mercato antiquario sprovvisti di certificazioni, creando in tal modo non pochi problemi giudiziari a chi ne tenta la vendita o ne realizza l’acquisto.
Determinanti a smascherare i “traffici illeciti” sono i controlli svolti attraverso l’interrogazione della “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, il database creato, gestito e costantemente alimentato dalla sezione Elaborazione dati del comando Tpc.
La restituzione al patrimonio pubblico di questi “frammenti di storia”, come già avvenuto per tante altre importanti testimonianze del passato, oltre a confermare l’impegno che da più di cinquant’anni accompagna la peculiare attività svolta dai carabinieri per la tutela del patrimonio culturale nella ricerca e recupero di oggetti d’arte, riporta alla fruizione collettiva oggetti che narrano la storia identitaria del nostro Paese, nel presupposto di diffondere e far comprendere quei principi di legalità che sono alla base del rispetto e della salvaguardia del bene comune.

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