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L’Inno alla gioia di Beethoven all’Anfiteatro Romano di Terni

L’imperdibile appuntamento del Festival Federico Cesi

TERNI – La potenza musicale e il messaggio simbolico dell’Inno alla Gioia nel capolavoro sinfonico-corale di Ludwig van Beethoven, sarà di scena all’Anfiteatro Romano di Terni, per la 15esima edizione del Festival Federico Cesi.

Appuntamento di punta della manifestazione (mercoledì 20 alle 21.30) è la Sinfonia n. 9 op. 125 per soli, coro e orchestra, che rappresenta l’opera più impegnativa del compositore. Una produzione che coinvolgerà oltre 130 musicisti con 3 formazioni corali preparate da Maria Cristina Luchetti ed Annalisa Pellegrini. Sul palco i cori “Cantoria Nova Romana”, “San Francesco d’Assisi” di Terni, “Novum Convivium Musicum”, l’Orchestra Internazionale di Roma, i solisti Giorgia Costantino (soprano), Aleksandra Papenkova (contralto), Stefano Latini (tenore), Vladimir Jindra (baritono). Tutti diretti dal maestro Antonio Pantaneschi. Uno spettacolo, ad ingresso libero, organizzato in collaborazione con il Comune di Terni e con l’ Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) Terni, con l’obiettivo anche di raccogliere fondi in favore delle attività dell’Unitalsi. Monumento della musica di ogni tempo, la cosiddetta “Sinfonia corale” fu eseguita per la prima volta il 7 maggio del 1824 al Theater am Kärntnertor di Vienna, con il contralto Caroline Unger e il tenore Anton Haizinge. Una composizione che prese forma molto lentamente nell’arco della vita di Beethoven, a partire dal periodo in cui il compositore, non ancora ventenne, frequentava l’élite intellettuale di Bonn ed entrò in rapporti di amicizia con la ricca famiglia von Breuning, presso la quale conobbe il grecista e poeta Eulogius Schneider, entusiasta sostenitore degli ideali della rivoluzione francese, e Ludwig Bartholomeus Fischenich, docente di diritto all’Università di Bonn e amico di Friedrich Schiller. È molto probabile che proprio in questa Università, dove Beethoven frequentava i corsi di filosofìa, Fischenich abbia fatto conoscere al giovane musicista l’opera di Schiller, e quell’Ode An die Freude (scritta nel 1785 e pubblicata nel 1786) che era diventata un simbolo degli ideali dei giovani tedeschi. Già allora Beethoven aveva immaginato di mettere in musica questa poesia, secondo quanto sostiene Fischenich in una lettera del 1793 indirizzata alla moglie di Schiller. Ma il progetto non andò in porto, forse a causa dell’improvvisa partenza di Beethoven per Vienna e della censura che aveva colpito le opere del poeta, messe all’indice nella città austriaca come scritti «immorali» e «pericolosi» (solo a partire dal 1808 i suoi drammi furono nuovamente rappresentati sulle scene e le sue opere poterono circolare liberamente). Progetto che però rimase sempre nella mente del compositore, anche prima di essere realizzato, nel 1824, nel celebre Finale della Nona. Nel 1790 Beethoven aveva utilizzato un frammento dell’Ode schilleriana nel testo della Kantate auf die Erhebung Leopold II zar Kaiserwürde, e non è da escludere che in quegli anni giovanili possa aver composto anche un Lied, andato perduto. Gli unici altri testi di Schiller che egli mise in musica furono una strofa della ballata Das Mädchen aus der Fremde, nel 1810, e il Cesang der Mönche (dal Wilhelm Tell), per coro a cappella, del 1817.

Dopo l’evento all’Anfiteatro Romano, il Festival Federico Cesi, prosegue con “La grande musica” fino al 25 agosto 2022 nei comuni Acquasparta, Montecastrilli e San Gemini.

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