di Arianna Sorrentino
PERUGIA – «La concessione del contributo dal fondo comunale sarà sbloccata entro questo mese. La tappa successiva sarà la gara d’appello. Stiamo procedendo. È necessario mantenere in vita il servizio». Arriva finalmente, con le parole dell’assessore comunale alle politiche sociale Edi Cicchi, una buona notizia: è stata infatti approvata la mozione in commissione consiliare sui centri antiviolenza a rischio chiusura.
Avviene dopo l’annuncio del centro antiviolenza di Perugia Catia Doriana Bellini riguardo la possibile chiusura di tutti i servizi. Il motivo? La mancata erogazione dei fondi da parte del Comune che mette in difficoltà la sostenibilità economica del centro: da otto mesi le lavoratrici non percepiscono lo stipendio.
«È importante l’impegno dato in sede consiliare. Ora è importante che seguano i fatti – dice Sara Pasquino, vicepresidente Udi associazione che da sempre collabora con i Cav – Bisogna assolutamente che i finanziamenti siano strutturati, abbiamo bisogno di liquidità. Non parliamo solo di stipendi che mancano, ma anche altre spese da sostenere. Come la gestione della casa, della spesa, dei vari progetti per le donne». Al momento circa il 40% dei servizi è stato ridotto, così come lo sono i servizi di apertura: non è più possibile ospitare nuovi nuclei nel centro antiviolenza residenziale e nella casa rifugio e l’associazione è sprovvista del servizio di pronta emergenza dedicato. «Ci sono state richieste anche da parte delle forze dell’ordine. Ma non abbiamo potuto far fronte a tutto – continua Sara Pasquino – Il centro sostiene anche percorsi che non comportano l’ospitalità delle donne. È importante anche la prevenzione. Aiutiamo le donne a capire quali sono i campanelli di allarme».
Intanto, in attesa che i fondi vengano sbloccati, sui social si muove una campagna di supporto per l’associazione Libera…mente donna che dal 2006 svolge attività di sensibilizzazione, prevenzione e contrasto alla violenza di genere. Così scrive una donna tra le 2.137 che si sono rivolte al centro dal 2014: «Una notte mi sono ritrovata per strada con i lividi al collo, una valigia piena e i miei figli per mano. Non avevo altro. Le porte che prima di tutte mi si sono aperte sono state quelle del Centro Antiviolenza Catia Doriana Bellini. È un bene della comunità che deve essere protetto. Altrimenti chi ci sarà ad accogliere nella prossima notte, la prossima donna?».
L’appello alla Regione di Simona Meloni


