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Incubi dal pronto soccorso del Santa Maria di Terni

Due racconti di ore di attesa, tra sangue, lettighe e poltrone

Redazione Terni 

TERNI – Incubi dal pronto soccorso del Santa Maria di Terni. Incubi vissuti da persone che hanno atteso giorni.  Che hanno aspettato con i propri vestiti sporchi di sangue. Che hanno atteso su sedie, poltrone, lettighe. 

E quando sono riuscite, dopo tre giorni, ad arrivare in reparto hanno trovato un letto in corsia. È stata una settimana pesante per il pronto soccorso dell’azienda ospedaliera Santa Maria di Terni. La direzione generale ha già fornito spiegazioni sul flusso eccezionale di pazienti. È storia nota che la medicina territoriale non filtra. E’ storia nota che la chiusura del pronto soccorso di Narni ha ulteriormente congestionato quello di Terni.  E sono note le richieste di riaprire la struttura di prima accoglienza di Narni, con la Regione che cincischia. È tutto noto, ma i racconti fanno ugualmente sobbalzare.  L’incubo di Maria, 34 anni, inizia alle 18 di mercoledì. A raccontarlo è il marito Giorgio: «Mia moglie è caduta dal monopattino in via Eugenio Chiesa. Perdeva sangue, molto sangue dal mento. È uscita con i punti dal pronto soccorso dell’ospedale giovedì, il giorno successivo cioè, intorno alle 18. Il personale è molto gentile ma è tutto ingolfato. Tutto fermo. Mia moglie senza un sorso d’acqua, provata anche per tutte le scene di sofferenza delle persone anziane in attesa».  Giorgio si è attaccato al telefono: «Prima ho chiamato la segreteria del direttore generale, poi del responsabile del pronto soccorso. Mi hanno fatto parlare con l’Urp. Ma poveretti, non sapevano che dire. Ho chiamato la segreteria dell’assessore regionale alla sanità Coletto. E poi quella della Tesei. Ho girato il Mondo ma una situazione del genere è davvero difficile trovarla, almeno in Europa».  Poi c’è il racconto del consigliere comunale Luca Simonetti, che riguarda proprio una persona anziana: la mamma di 79 anni. «Mia madre ha un bel po’ di guai e stava male. Lunedì alle 9 siamo arrivati al pronto soccorso e da lì è iniziato una sorta di Risiko. Non la faccio tanto lunga. La prima notte è stata su una poltrona del pronto soccorso, la seconda ancora al pronto soccorso ma su una barella, finalmente la terza notte al reparto ma in corsia. Mia madre insieme a tante altre persone in difficoltà e in attesa. Con i familiari impotenti. Non faccio polemica politica, ma è una situazione veramente dura. Le persone, le famiglie, sono traumatizzate per la malattia e per l’assistenza che non trovano». Ai prossimi incubi.

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