di Sebastiano Pasero
TERNI – Sono gentili gli applausi all’arrivo del feretro e all’uscita dalla chiesa. Così come le lacrime durante la messa. La gentilezza è la parola che usa don Franco Semenza per tratteggiare la personalità di Chicco Dragoni. Accanto alla gentilezza, il presidente della Fondazione Carit Luigi Carlini – intervenuto a fine rito funebre – ci mette un bel po’ di sostanza. Il fare dell’imprenditore, dell’umanista amante della bellezza, dell’arte, della cultura. Il filantropo, sempre pronto a rimboccarsi le maniche. Ed è il filo della gentilezza che attraversa il fare e lo rende più Chicco Dragoni.
Ai funerali, nel primissimo pomeriggio di venerdì 6 maggio tanta Terni, in particolare quella del lavoro, dell’impresa, delle professioni, della scuola, delle associazioni. La Terni che ha gusto a lavorare e che ha anche gusto di fare per la città, perché la città è forse qualcosa di più di casa propria.
In prima fila la figlia di Chicco, Alessandra, poco più in là la governatrice dell’Umbria Donatella Tesei, il sindaco Leonardo Latini, il presidente della Fondazione Carit Luigi Carlini.
Don Semenza punta molto sul sorriso di una persona che aveva garbo e tatto nel rapportarsi: «Quando muoiono le persone che sono entrate garbatamente nella nostra esistenza siamo ancora più colpiti dal mistero della morte. Chicco Dragoni era gentilezza, ti metteva sempre a tuo agio. Ti aiutava se avevi bisogno, garbatamente senza farsi vedere. Io ho conosciuto il suo impegno concreto per la scuola.
Era un innamorato della bellezza, quella dell’arte, ed era contento quando anche gli altri si occupavano della bellezza. Per lui era gioia. Chicco Dragoni credeva nel lavoro, come occasione per dare lavoro, possibilità alle famiglie di nascere e crescere».
Nella casa del Padre ci sono molte dimore, conclude don Semenza.
Nelle case terrene ci sono molte opere. Luigi Carlini: «Mi ripeteva spesso che la città gli aveva dato e che lui aveva voglia di contraccambiare. Era innamorato di Terni. Era un filantropo a servizio della comunità. La Fondazione Carit è stata molto influenzata da lui nei settori della beneficenza e della solidarietà. Ma l’aspetto più bello è stata la proiezione verso il futuro. Visionario negli obiettivi, razionale nel superare gli ostacoli. È stato il primo a farci capire che lo sport oltre a benessere volesse dire sviluppo economico. Una personalità poliedrica e ricca. Vedeva nella Fondazione una grande famiglia, in una dialettica costruttiva e piena di passione. Nella Fondazione vedeva la massima espressione civile delle città di Terni e Narni».
Una vita piena, molti cerchi chiusi, il sentirsi parte di una città che, nonostante tutto, sa fare. Che ha orgoglio ed è persino gentile.






