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Tormento biancorosso, ma ora conta solo il Perugia in serie B. Quello della sua gente

Tra funghi scaduti, l’amico Vigorito, l’occhio al Palermo e chi ha davvero il Grifo nel cuore. L’analisi di Francesco Bircolotti

di Francesco Bircolotti

PERUGIA – Veleni e misteri, presunzione e incapacità, abbandoni auspicati e incognite da panico, suicidi e testardaggini, accuse e fallimenti. Mago Merlino (perché certo si tratta di conoscere anche il futuro) o la strega Amelia (perché servono le pozioni più efficaci di sempre) avrebbero a disposizione decine di ingredienti da buttare nel calderone infuocato di un Perugia che nella tormentata stagione ‘22/’23 ha preso molti più calci di quanti ne ha dati. E con il vecchio Grifo, anche i suoi tifosi, gli unici che – a prescindere da come finirà il campionato – possono essere degni di fregiarsi dei colori biancorossi per l’amore e la maturità sempre dimostrati.

A ridosso della battaglia finale contro il Benevento retrocesso dell’“amico” Vigorito, si è ormai detto tutto quello che c’era da dire non solo sulla partita e sui calcoli da fare sull’asse Umbria-Sicilia (ormai lo sanno anche i muri che il Palermo dovrà per forza battere il Brescia per garantire al Perugia, obbligato ai tre punti, la successiva roulette dei Play-out), ma anche sul futuro del sodalizio di Pian di Massiano. Futuro strozzato tra manie di protagonismo al sapore di funghi ormai scaduti, da usare con improbabili colpi di coda per nozze inevitabilmente a tempo determinato; e progetti “farfallini” che al momento fanno sorridere anche coloro che potrebbero godersi, un domani, una partita direttamente da un matrimoniale con vista sul rettangolo verde. Resta solo da aggiungere che pure a fronte del fatto che ovviamente tutto è legato ai risultati del campo, ci piacerebbe che una volta tanto ogni attore della vicenda più assurda vissuta dai colori biancorossi da 10 anni a questa parte (sì, perché ce ne sono state tante in mezzo e in netto squilibrio con quelle positive) capisse che il giocattolo si è rotto e ora conta solo il Perugia salvo, in serie B.

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Una banalità, potreste definire questo assunto: eppure sta proprio nella semplicità del concetto la chiave di volta di un’agonia che può prendere la piega della tragedia oppure, a traguardo faticosamente ed eventualmente raggiunto, della resurrezione. Due ipotesi che, come la si metta, non prevedono più la croce (tanta) e delizia (poca) che ha gestito il meteo non solo a ridosso del Curi ma sull’intera città. Non c’è più spazio infatti per chi più o meno scientemente, è riuscito a uccidere (sportivamente parlando, ci mancherebbe) la passione della gente con certosino supplizio tantalico. Perché indubbiamente avrà fatto anche cose buone (una promozione voluta, un’altra baciata dalla fortuna e i famosi “conti a posto”), ma nulla può giustificare interessi personali e il famoso “dividi et impera” con cui si è sempre cercato di vivacchiare.

Voi direte che il calco è cambiato: rispondiamo che il calcio una volta per lo meno si sapeva fare, anche se magari le finalità potevano essere ugualmente non proprio limpide. E i tifosi giorno dopo giorno se ne sono accorti, fino a bramare una svolta mirata al “purché si cambi”, indipendentemente da quale sarà l’esito finale di una stagione su cui comunque – è giusto dare a tutti ciò che si meritano – pendono anche responsabilità di altri o palesemente arrivati a fine corsa o totalmente inadatti alla categoria, per limiti propri e valutazioni fallimentari di chi li ha chiamati.
Per tutto quanto sopra (si apprezzi lo sforzo a non proferire fino alla fine nomi e cognomi immeritevoli di gloria), serve voltare pagina. Possibilmente con la serie B in tasca: un atto, leggasi obiettivo, dovuto a quella gente che invece citiamo volentieri, che siano ultras o semplici tifosi, che siano di antica fede o bimbi debuttanti. Insomma, la gente di Perugia (provincia compresa e pure più in là), l’unica che ha veramente il Grifo nel cuore. Senza tatuaggi superficiali o parole di sabbia.

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