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A Perugia sguardo ampio sul teatro puntando alle nuove generazioni: presentata la nuova stagione del Morlacchi

L’annuncio del cartellone durante la consueta cena da Brunello Cucinelli. In scena una serie di appuntamenti che spazieranno dalla prosa ai grandi classici, passando per momenti di sperimentazione, senza dimenticare gli incontri con l’autore e la rassegna “Perché non ballate?”

di Francesca Cecchini

SOLOMEO (Perugia) – Una serata molto partecipata in casa Cucinelli a Solomeo, mercoledì 31 maggio, per la conferenza stampa di presentazione della stagione 2023/2024 del teatro Francesco Morlacchi di Perugia curata dal Teatro stabile dell’Umbria, che vede riconfermato alla direzione per altri tre anni Nino Marino.

Diversi i rappresentanti delle Istituzioni presenti accolti da un Brunello Cucinelli sempre affabile e padrone di casa dalla grande ospitalità. Tra gli altri l’assessore regionale al Turismo e alla Cultura Paola Agabiti, molto felice per il recente “sorpasso” del cuore verde d’Italia sulla vicina Toscana in materia turistica, il prefetto di Perugia Armando Gradone, il questore di Perugia Giuseppe Bellassai, il magnifico rettore Maurizio Oliviero, diversi sindaci e assessori delle città coinvolte nelle stagioni dello Stabile, tra cui anche Andrea Romizi, primo cittadino del capoluogo umbro. Quest’ultimo ha sottolineato il grande impegno del Tsu che tanto si è adoperato per offrire alla città un cartellone molto articolato e che, come ricordato anche da Marino, rappresenta un veicolo di arte e cultura ad ampio spettro, cercando a suo modo di accontentare tutti i gusti degli spettatori, anche delle nuove generazioni. Giovani che vanno invitati e invogliati ad assistere agli spettacoli essendo a tutti gli effetti il pubblico adulto del futuro. Proprio in merito a questo, lo scatto potrebbe essere l’accordo con l’Università degli studi di Perugia, con prezzi agevolati per gli iscritti, che sembra funzionare.

Cucinelli e Marino_presentazione stagione Morlacchi

Quindi, sguardo ampio per un programma che vedrà in scena dal 18 ottobre al 22 maggio una serie di appuntamenti che spazieranno dalla prosa ai grandi classici, dalla danza a momenti di sperimentazione, passando per altre prospettive della scena al ridotto del teatro, senza dimenticare gli incontri con l’autore e la rassegna “Perché non ballate?”.

Il cartellone sarà presentato pubblicamente alla città di Perugia il prossimo 5 giugno alle 18 al Morlacchi.

UNO SGUARDO AL PROGRAMMA

Dal 18 al 22 ottobre prima assoluta della nuova produzione Tsu e Teatro dell’Elfo “Re Lear” di William Shakespeare, spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia con Elio De Capitani, Mauro Bernardi, Elena Ghiaurov, Muro Lamantia, Giuseppe Lanino, Viola Marietti, Giancarlo Previati, Alessandro Quattro, Elena Russo Arman, Nicola Stravalaci,Umberto Terruso e Simone Tudda. Come tutti i capolavori del Bardo, anche Re Lear può essere interpretata in diversi modi, non solo tragedia che tocca i temi della vecchiaia e del potere, ma anche che sfiora il senso di responsabilità. Un sovrano, dunque, il cui malessere si specchia e genera lo squallore del regno, del suo paese.

foto di Laila Pozzo

Il 26 ottobre “The time is out of joint” nuovo allestimento del gruppo artistico Opera Bianco, regia di Marta Bichisao e Vincenzo Schino, performer Emiliano Austeri, Marta Bichisao, Samuel Nicola Fuscà, C.L. Grugher, Luca Piompioni, Simone Scibilia. Un dialogo, frutto di un lungo percorso di ricerca, tra due performance molto distanti l’una dall’altra, l’Amleto e il Clown.

Dal primo al 5 novembre “La locandiera” di Carlo Goldoni, nuovo allestimento che vede alla regia Antonio Latella, con Sonia Bergamasco, Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico Fededegni, Giovanni Franzoni, Francesco Manettim Annibale Pavone, Gabriele Pestilli, Marta Pizzigallo.

Il 10 novembre “Higher” concetto e coreografia di Michele Rizzo, anche danzatore sul palco con Juan Pablo Camara, Max Goran, Michele Rizzo. Uno spettacolo di danza ispirato e basato sull’esperienza del clubbing e della club dance, intesa come forma umana di espressione anche sociale, caratterizzata da tecniche, stili e influenze diverse.

Il 15 e il 16 novembre “Ti racconto una storia”, letture semiserie e tragicomiche con Edoardo Leo che racconterà, accompagnato dalle note di Jonis Bascir, suggestioni, ricordi e pensieri raccolti dall’inizio della sua carriera a oggi.

Il 22 novembre “Cecità” di José Saramago, nuovo allestimento della compagnia Virginio Sieni. Sul palco i danzatori si muovono cercando di ricreare una nuova mappa percettiva dell’ambiente, scoprendo le potenze antiche, forse perse, che oggi richiamano alla cura del suolo e del territorio secondo una visione che è anima, atmosfera, natura, genio del luogo.

Dal 24 al 26 novembre “L’interpretazione dei sogni” di e con Stefano Massini, liberamente ispirato e tratto dagli scritti di Sigmund Freud. In scena un variopinto mosaico di personaggi che, narrando i propri sogni, compongono una sinfonia di immagini e di possibili interpretazioni, in cui il pubblico può riconoscersi e ritrovarsi.

Dal 29 novembre al 3 dicembre “Zio Vanja”, seconda tappa del progetto Čechov del regista leonardo Lidi, con Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Angela Malfitano, Francesca Mazza, Mario Pirrello, Tino Rossi,Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna. Scritta e ambientata in un 1890 che potrebbe rievocare anche tempi più moderni, la commedia rievoca temi ricorrenti nelle maggiori opere dell’autore russo.

Il 7 dicembre “Insel”, concept, coreografia, voci di Panzetti Ticconi, con Sissj Bassani, Efthimios Moschopoulos, Aleksandra Petrushevska, Julia Plawgo. L’impatto fisico del naufrago su un’isola deserta e la caduta nel profondo della propria interiorità sono nella performance “Insel” (in italiano “Isola”) collisioni equivalenti. La voce è interpretata da Gavino Murgia secondo la tradizionale tecnica del Cantu a tenore, originaria della Sardegna.

Dal 13 al 17 dicembre “La vita davanti a sé” con Silvio Orlando, di Roman Gary Emile Ajar, tratto dal romanzo commovente e tutt’ora attuale “La vie devant soi” pubblicato nel 1975 e adattato per il cinema nel 1977. Storia di Momò, un bambino arabo di dieci anni che vive nella zona multietnica di Beauville, nella pensione di Madame Rosa, anziana prostituta ebrea che si mantiene prendendosi cura degli “incidenti sul lavoro” delle sue colleghe più giovani.

Dal 29 dicembre al primo gennaio “Cetra… Una volta” di Toni Fornari, anche interprete con Stefano Fresi ed Emanuela Fresi, e con la saxofonista e vocalist Cristiana Polegri. Un concerto-spettacolo che vuol essere un tributo al quartetto Cetra, celebre dagli anni Quaranta agli anni Ottanta. In scena anche il 31 dicembre per festeggiare l’arrivo del nuovo anno con un brindisi di buon augurio.

Dal 12 al 14 gennaio “Le nostre anime di notte” tratto dall’omonimo romanzo di Kent Haruf, storia lieve e sussurrata di due vedovi ultrasettantenni interpretata da Lella Costa ed Elia Schilton.

Il 18 e il 19 gennaio “Grand jeté” di Silvia Gribaudi e Zebra, con MM Contemporary Dance Company. Un lavoro che prende il nome del salto di danza classica, una spaccata in aria, che, nello spettacolo, è metafora di un momento unico in cui si sfugge alla gravità, dunque, occasione per ribellarsie sfidare l’irreversibilità di qualsiasi tipo di finale.

grand jeté
foto di Andrea Macchia

Il 25 e il 26 gennaio “sarà la volta del nuovo allestimento di Leonardo Manzan e Rocco Placidi (titolo ancora in via di definizione) che vuol essere una personale riflessione sul confine tra spettacolo e arte visiva, dando vita a una performance che mette in comunicazione e in conflitto i linguaggi di queste due discipline così vicine e insieme così distanti.

Il 31 gennaio e il primo febbraio “La mia vita raccontata male” da Francesco Piccolo, regia di Giorgio Gallione, con Claudio Bisio e i musicisti Marco Bianchi e Pietro Guarracino. Una eccentrica sequenza di racconti e situazioni che costruiscono una vita che si specchia in quella di tutti.

Claudio Bisio
foto di Marina Alessi

Il 10 febbraio (“Perché non ballate?) “Sottobosco” di Chiara Bersani, con Elena Sgarbossa. Progetto che vede il “Sottobosco” inteso come un ambiente in cui gruppi estemporanei di persone con disabilità si potranno incontrare e diventare comunità.

Dal 14 al 18 febbraio “Clitennestra” da “La casa dei nomi” di Colm Tóibín, nuovo allestimento con Isabella Ragonese, Ivan Alovisio, Arianna Becheroni, Denis Fasolo, Katia Gargano, Federico Lima Roque, Cristina Parku, Anita Serafini. Il regista Roberto Andò porta a teatro il romanzo dello scrittore, critico letterario e autore teatrale irlandese dedicato al mito classico dell’eroina greca Clitennestra, affascinante e controversa regina assassina.

Il 22 e il 23 febbraio al ridotto del teatro “Confessioni di sei personaggi” di Caroline Baglioni e Michelangelo Bellani, ispirato a “Sei personaggi in cerca d’autore” di Luigi Pirandello, con Caroline Baglioni e Stella Piccioni. Due attrici in scena per sei personaggi che, come una bibita gassata, premono per esplodere, uscire fuori e raccontarsi.

Dal 28 febbraio al primo marzo “Ginger e Fred”, allestimento e regia di Monica Guerritore, anche in scena conClaudio Casadio e un cast in via di definizione. A teatro il film capolavoro di Federico Fellini interpretato nel 1986 da Giulietta Masina e Marcello Mastroianni.

Il 5 e il 6 marzo al ridotto del teatro “Aldst – Al limite dello sputtanamento totale” monologo di e con Viola Marietti. Una ragazza che cerca violentemente di essere felice e tendenzialmente non ce la fa, che ha tutto ma non ha niente se non se stessa. E non sa cosa farsene.

Il 9 e il 10 marzo “Igra” della compagnia Kor’sia, una creazione ambientata in un campo da tennis, in dialogo tra presente e passato, confrontandosi con i grandi classici della danza per ricollocarli nel presente.

Il 13 e il 14 marzo “Hybris” dirompente lavoro di Flavia Mastrella e Antonio Rezza. «Come si possono riempire le cose vuote? È possibile che il vuoto sia solo un punto di vista? La porta… perché solo così ci si allontana – la voce degli autori – Ognuno perde l’orientamento, la certezza di essere in un luogo, perde il suo regno così in terra e non in cielo. L’uomo fa il verso alla belva. Che lui stesso rappresenta. Senza rancore. La porta ha perso la stanza e il suo significato, apre sul nulla e chiude sul nulla. Divide quello che non c’è… intorno un ambiente asettico fatto di bagliori. L’essere è prigioniero del corpo, fascinato dall’onnipotenza della sua immagine trasforma il suo aspetto per raggiungere la bellezza immobile e silente che tanto gli è cara».

Il 21 marzo (Perché non ballate?) “Le sacre du printemps” di Dewey Dell. La primavera è il periodo di massimo turbamento e il terrore dell’esistenza si fonde alla gioia vertiginosa dell’esserci.

Il 23 e il 24 marzo “The city” di Martin Camp, nuovo allestimento di Jacopo Gassmann, commedia nera, kafkiana, incentrata sul potere del linguaggio. «Il sipario – spiega il regista – si apre su quello che sembrerebbe un normale interno borghese. Siamo nel pieno di una crisi di coppia. Nessuno sembra capace di ascoltare. Impercettibilmente, quadro dopo quadro, il loro rapporto – come il testo stesso – comincia a mostrare le prime crepe: i confini fra realismo e finzione vengono meno, i personaggi sembrano quasi scomparire nelle loro affabulazioni, e quella che era nata come una semplice tensione domestica si trasforma inesorabilmente in un delirio a due, attraverso cui si insinuano le minacce del mondo esterno. Un mondo dove si può essere licenziati di punto in bianco e in cui le guerre apparentemente lontane possono irrompere improvvisamente tra noi, dentro di noi, come degli incubi in pieno giorno».

Il 27 e il 28 marzo “La madre” di Florian Zeller, con Lunetta Savino, Niccolò Ferriero e Chiarastella Sorrentino, regia di Marcello Cotugno. Una donna sola davanti allo specchio della propria vita. La partenza del figlio, ormai adulto, viene vissuta dalla donna come un vero e proprio tradimento, a cui si aggiunge una decadenza dell’amore coniugale in atto da tempo. Anna è ossessionata da una realtà multipla in cui le realtà si sdoppiano creando un’illusione di autenticità costante in tutti i piani narrativi. Il suo mondo è un luogo in cui lei non si riconosce più. Ma la responsabilità di questa solitudine non sta forse anche nell’aver rinunciato alla vita per dedicarsi al proprio unico figlio maschio su cui riversare frustrazioni, rimorsi e ideali d’amore?

Dal 4 al 6 aprile al ridotto del teatro “Il male sacro” di Massimo Binazzi, regia di Antonio Latella che guida i giovani dell’Accademia nazionale di arte drammatica Silvio D’Amico. Spettacolo diviso in due parti: giovedì in scena la prima, venerdì la seconda, sabato versione integrale.

Dal 10 al 14 aprile “L’arte della commedia” di Eduardo De Filippo che rientra nella raccolta dei “giorni dispari”, le commedie scritte dal dopoguerra in poi che affrontano le problematiche questioni del vivere quotidiano, delle relazioni private e pubbliche tra esseri umani. Incredibile è la forza e l’attualità del testo che ci porta in maniera diretta a confrontarci con la mortificazione e la censura della cultura. Adattamento e regia di Fausto Russo Alesi.

Il 9 maggio “La mano sinistra”, nuovo allestimento, testi e regia Industria Indipendente (Erika z. Galli, Martina Ruggeri). Elettricità, magnetismo, incanto. In uno spazio che contiene altre dimensioni, qualcuna racconta. Non c’è dubbio di assistere a qualcosa: sogno, poesia, allucinazione. O l’ultimo barlume di una festa alla fine. Cosa è il meraviglioso per te? Potresti dire cosa c’è oltre la coltre? Da dove nascono le tue domande? Il titolo prende le mosse da un’accezione che nei secoli l’ha indicata come mancina “mancus”, ovvero mancante, sbagliata, storpia, mutilata, rovesciata, invertita, deviata, diabolica, dedita alla magia e all’occulto, portatrice di pericolo e differenza e incapace di una scrittura “corretta, destra, che non sbava l’inchiostro”. Un teatro/spazio del simbolico, sospeso tra realtà e finzione, tra tecnica e immaginazione, che chiede di guardare, sentire e riverberare.

Il 21 e il 22 maggio al ridotto del teatro “Questo è il tempo in cui attendo la grazia” da Pier Paolo Pasolini, regia di Fabio Condemi, con Gabriele Portoghese. Biografia onirica e poetica si Pier Paolo Pasolini attraverso le sue sceneggiature, portata in scena al confine tra spettacolo e arte visiva.

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