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Acacia report/Ast torna alla luce, Minelli consacrato superstar, Cucinelli a caccia del miliardo, Colaiacovo la stabilità

SPOTLIGHT di MARCO BRUNACCI | I numeri del rapporto coordinato dal gruppo di Francesco Pace. La grande questione delle piccole e piccolissime imprese, forza e grande limite dell’economia regionale. Reddito pro capite, ma soprattutto stipendi non linea con le buone performance economiche regionali

di Marco Brunacci

PERUGIA – Che lezioni apprendere dalla classifica delle aziende Top 20 dell’economia umbra, come risultano dall’indispensabile lavoro di Acacia group? Ecco qua.

1.Il ritorno alla luce, dopo l’eclissi dell’ultimo periodo made in Thyssen, dell’Ast, per fatturato ma soprattutto per redditività. Un segnale importante per il 2023 e per quando arriverà (gennaio 2024?) l’accordo di programma.

2.Soprattutto la conferma di Matteo Minelli superstar, con tutto il comparto energia che si candida a essere il settore più complesso e vitale dei prossimi anni.
Minelli (Ecosuntek – già premiato lo scorso anno da Acacia) non solo triplica (e più) il fatturato 2022 rispetto al 2021, ma ha concluso acquisizioni che ne fanno già ora uno dei player decisivi dell’Umbria di oggi e, ragionevolmente, di quella di domani.

3.Il ritorno di Colacem, che è la solidità (non solo perché produce cemento) del sistema Umbria.

4.Cucinelli è ancora a caccia del miliardo di fatturato che più si addice al gran nome della maison. Ma lo sforzo di comunicazione è enorme, nel mentre si allarga l’offerta con nuovi prodotti. Il lusso ha un trend che non è quello del resto dell’economia, ma se il 2023 non basterà, il traguardo può essere comunque raggiunto.

5.Le top 20 – elenco che abbiamo appena pubblicato – dimostrano che c’è una vitalità nel sistema che promette risultati oltre il 2022 – anno di espansione – ma anche per il 2023, anno per tutta Europa di contrazione.

6.La Grande distribuzione è ancora protagonista assoluta. Conad spadroneggia, nonostante qualche maretta interna, le altre seguono. Ma intorno vi sono segnali che dicono che l’Umbria non è più terra di terzario, di pensionati, dove si viene solo a comprare. Ma c’è spazio per iniziative innovative ed esiste anche un giardino (magari non così ampio come dovrebbe essere) dove fioriscono intuizioni e si aprono prospettive.

7.Francesco Pace, gran sacerdote dei numeri, attento a seguire tendenze, fa presente che – per carità, bene i top – la forza d’urto dell’economia umbra, resta quello delle piccole e medie imprese. Poco meno di 33 miliardi di fatturato, 70 mila addetti.
Acacia fotografa con il massimo della cura la situazione, ma ormai è chiaro: se questo tessuto così vasto di imprese ha permesso di uscire bene e più rapidamente dalla crisi legata al Covid, grazie alla flessibilità che consente come anche alla reattività agli aiuti che sono arrivati dal pubblico, ora si impone una riflessione.
Per crescere servono aziende che fanno maggiore massa critica, capaci di essere competitive su ogni mercato.
Piccolo non è più bello. O meglio: troppo piccolo e troppo medio non permette di affrontare il futuro con serenità.
Prima o poi questo conto la regione si troverà a pagarlo.

8.Va bene l’export ed è cresciuto il turismo. Non è dove dovrebbe essere il livello del reddito pro capite. Gli stipendi sono magri, l’inflazione (soprattutto su Perugia) alta. Sarà un effetto collaterale delle dimensioni (piccole o medie) delle imprese?
I numeri di Acacia group serviranno (prossimo appuntamento il 15 dicembre per il Gala delle imprese) ad approfondire.

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