PERUGIA – Vittorio Sgarbi ha insultato un sostituto procuratore e il gup di Perugia lo ha prosciolto, ma ora il procuratore generale Sergio Sottani ha presentato appello contro la sentenza di non luogo a procedere emessa lo scorso 29 ottobre 2024.
Il parlamentare e critico d’arte era accusato di diffamazione per alcune dichiarazioni pronunciate nel 2018 nei confronti di una magistrata, all’epoca sostituta della procura della Repubblica di Roma. Dopo l’udienza preliminare, il giudice perugino ha emesso la sentenza di non luogo a procedere basandosi sulla deliberazione della Camera dei deputati che dichiarava l’insindacabilità delle dichiarazioni di Vittorio Sgarbi. Tuttavia, la procura generale ha presentato appello, contestando la decisione e chiedendo una revisione della delibera parlamentare e delle circostanze che hanno portato alla sentenza.
«Tra i motivi dell’appello – si legge in una nota di Sottani – l’erronea applicazione della legge. Il giudice ha basato la sua decisione sulla deliberazione della Camera dei deputati del 25 settembre 2024, che ha dichiarato l’insindacabilità delle dichiarazioni dell’allora onorevole Sgarbi. Tuttavia, si sostiene che tale deliberazione non rispetti i principi della giurisprudenza costituzionale. Inoltre, è stato omesso un esame critico della delibera, che avrebbe dovuto considerare se le dichiarazioni dell’onorevole Sgarbi avessero un nesso funzionale con l’esercizio delle sue funzioni parlamentari. Infine, le affermazioni dell’onorevole Sgarbi, ritenute altamente diffamatorie, non sono state fatte, ad avviso della Procura Generale perugina, nell’ambito delle sue funzioni parlamentari, ma piuttosto per difendere un interesse personale, compromettendo così il dibattito pubblico. Anche la scelta del mezzo adoperato per la diffusione delle dichiarazioni diffamatorie, i moderni mezzi di comunicazione, quali una testata giornalistica on line e una radio particolarmente seguita, rende, sempre ad avviso della Procura Generale perugina, le dichiarazioni non suscettibili della tutela costituzionale, riservata ai parlamentari».
La procura generale ha chiesto alla Corte di appello di sollevare un conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato e di disporre il giudizio nei confronti dell’imputato.


