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Bollette d’oro, alla fine il pane costerà come la carne

Il grido d’allarme del settore panificazione: «Con l’energia quadruplicata e la farina raddoppiata è difficilissimo lavorare»

di Sebastiano Pasero

TERNI – Companatico senza pane. Il caro bolletta rischia di distruggere intere filiere dell’agroalimentare. Roba da rimpiangere l’autunno caldo, perché quello gelido, con grandi problemi di approvvigionamento energetico, sta mettendo in ginocchio interi settori dell’economia e dei consumi.

Nel giro di un anno per chi panifica la bolletta energetica è quadruplicata. Se si aggiunge il raddoppio del costo delle farine e del metano i conti sono presto fatti.
Stefano Lupi, Confcommercio Terni: «Parliamo spesso dei problemi della ristorazione e del commercio al dettaglio ma è tutta la filiera dell’agroalimentare ad essere in grande difficoltà».
E andiamola a vedere la filiera. Terni Pan società, l’ex Interpan, ha oltre 70 dipendenti. Marco Serafini è il presidente della cooperativa: «Stiamo facendo i salti mortali ma tutto il settore è in grande difficoltà. Giusto un anno fa pagavamo 35 mila euro di energia elettrica al mese ad agosto ne pagheremo 140 mila. Al momento grazie ai contratti fatti la situazione del metano sembra quantomeno sotto controllo così come per la farina, fermo restando che siamo passati da 0,30 euro a 0,58 al chilo».
Un chilo di pane, per alcuni tipi, può costare quanto un chilo di carne: «Siamo a uno stravolgimento del mercato- dice ancora Serafini- e tutti i costi non possono essere riversati sul prezzo finale. Noi lavoriamo molto con la grande distribuzione e questa non accetta tutti i nostri aumenti».
La storia dell’ex Interpan è una storia nella storia: «Veniamo dalla cessione di un ramo di aziende e in questi mesi, grazie all’ottimo rapporto con la curatela fallimentare e allo sforzo straordinario dei lavoratori siamo riusciti a rimettere in piedi l’azienda. Siamo azienda leader del Centro Italia, non solo Lazio e Umbria ma anche Marche e Abruzzo. Stiamo lavorando molto sui prodotti a lunga conservazione perché hanno margini più alti mentre il fresco è a basso valore aggiunto. Ora avremmo bisogno di certezze sulla proprietà degli impianti».
Simone Dezi, sindacalista Cisl, segue il settore alimentare e anche di domenica non si sottrae al problema: «La questione dei costi energetici sta diventando un incubo. Nella panificazione incide su tutto: i forni, ma anche gli imballaggi, i trasporti. Sono a rischio centinaia di posti di lavoro perché poi nelle aziende medie e medio-grandi è sul costo del lavoro che si incide perché il resto è incomprimibile. I piccoli forni a conduzione familiare già stanno chiudendo».

Ma cosa si può fare per evitare il disastro?
Ancora Serafini, ex Interpan: «Noi chiediamo certezza sulla proprietà degli impianti perché vogliamo investire sulle rinnovabili e sull’efficientamento energetico».
Stefano Lupi: «I prezzi dell’elettricità non si ricomporranno d’incanto, il tema della qualità energetica delle aziende deve essere messo in agenda e occorre sostegno pubblico. È una questione nazionale ed europea. Faccio presente che paesi concorrenti non hanno subito i rincari energetici dell’Europa. Certo è difficile pensare che il pane fresco arrivi dalla Cina, ma per altri settori dell’agroalimentare potrebbe accadere e per noi che siamo leader sarebbe una disgrazia».
Il sindacato: «A ottobre servirà attivare – continua Simone Dezi – altri ammortizzatori legati alla crisi energetica. Le famiglie non possono trovarsi le bollette da pagare e rimanere senza stipendio. Occorre fare molto di più sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica delle aziende. Si sono persi mesi e anni preziosi, ma ora occorre che la politica guardi finalmente alle cose serie».
È una questione di pane.

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